martedì 14 settembre 2010

Ricominciamo!



Domenica abbiamo ripreso con le escursioni domenicali ed è andata davvero bene.
Eravamo in dodici e abbiamo raggiunto la vetta del Monte Crepacuore con un itinerario non impegnativo che inserisco sempre in programma come uno dei primi dopo la pausa estiva perché consente di riprendere a camminare in montagna con gradualità e, allo stesso tempo, senza rinunciare alle bellezze dell'ambiente in quota.
Il sentiero svolge infatti per lo più in cresta e con poco dislivello, consentendo quindi di godere anche di belle vedute panoramiche in ogni direzione, sulle vette vicine e sulle boscose vallate circostanti.



Abbiamo raggiunto la vetta partendo da Campo Catino, pianoro carsico il cui nome indica molto bene la caratteristica forma che lo contraddistingue. Una ampia conca dal profilo regolare che si apre tra alcune vette dal tipico aspetto "brullo" delle montagne di queste zone.
Un luogo in cui vado spesso ma alle cui brutture architettoniche - che contrastano con una natura superba - non riesco ancora ad abituarmi. Strutture fatiscenti e in rovina, testimoni dell'ennesimo processo invasivo da parte dell'uomo in nome del mero sfruttamento commerciale dell'area, fanno veramente piangere il cuore a guardarle, in mezzo ai bei prati su cui pascolano cavalli e mucche allo stato brado.
Strutture cresciute lì su iniziativa di uomini senza ricordi e lì abbandonate dai medesimi: uomini senza ricordi e senza rispetto di nulla, nemmeno delle cose costruite con le loro mani, con i loro sforzi, con i loro soldi e, men che mai, della bellezza di un luogo che, invece, gli ha dato la possibilità di fare ciò che volevano.
Per fortuna la nostra escursione è stata molto altro.



Preferisco pensare infatti alla piacevole compagnia con cui ho condiviso il sentiero, allietata dalla presenza, per nulla usuale, di una giovanissima escursionista, la piccola e simpatica Greta; all'aria fresca di montagna, quasi autunnale, che ci ha accompagnato tutto il tempo; alla splendida e imponente mole del Monte Viglio che ha fatto da sfondo a tutta la nostra camminata; alla premura della signora del bar che, dispiaciuta per non essere stata in grado di farci fare colazione con qualcosa di "solido", ci ha promesso un dolce per quando saremmo rientrati e così è stato; al racconto di Eugenio riguardo a un suo anziano zio, in gioventù pastore, che conduceva le pecore al pascolo proprio in queste zone e al quale gli si sono illuminati gli occhi quando ha saputo che il nipote sarebbe andato proprio da quelle parti, a bere, forse, proprio dalla stessa fonte dall'acqua freddissima dalla quale lui riempiva la sua fiaschetta...

Storie e situazioni diverse che si incontrano e si raccontano sul sentiero e che qui in qualche modo rivivono per non perdere, appunto, l'importanza del ricordo.

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