Le previsioni dicevano che domenica 17 sarebbe stata il primo giorno d'estate dal punto di vista meteorologico, caratterizzata da gran caldo. Tutto sommato al nostro gruppo sul Monte Lupone è andata bene: il lungo tratto in faggeta e alcune nuvolette che filtravano l'irradiazione diretta del sole quando eravamo in vetta a mangiare i nostri panini hanno consentito di non soffrire troppo il primo caldo, che effettivamente si è fatto sentire, soprattutto in città.
Eravamo in 11 e, partiti dal grande piano carsico di Campo di Segni abbiamo raggiunto la cima più settentrionale dei Lepini in 2,30 h.
Lasciate le macchine, prima di partire a piedi, ci siamo fermati alcuni minuti ad osservare la vastità del pianoro con la nostra méta sullo sfondo pensando che sì ne conosciamo e ne abbiamo visti tanti (il Pratone dei Lucretili, Camposecco sui Simbruini e tutti gli altri) ma l'occhio non si stanca mai di un ambiente del genere. Di tali colori, di tali spazi, di tali odori. E ogni volta ti colpisce come fosse la prima volta.
Ci siamo incamminnati e, dopo aver attraversato in lungo il pianoro, ci siamo inoltrati, cominciando la salita, nella bella faggeta che ricopre il vallone tra le due cime minori del Monte Lacino e Monte La Croce, all'altezza delle recinzioni che la Comunità Montana ha messo per delimitare una zona di protezione speciale caratterizzata dalla convivenza di faggio, agrifoglio e tasso, il cosiddetto "albero della morte".
Giusto il tempo di spezzare un po' il fiato e il primo e unico tratto un po' più faticoso, una ripida rampa allo scoperto degli alberi su terreno sassoso e sconnesso, ha ricordato a tutti che in montagna vale ancor di più il detto: "chi va piano, va sano e va lontano".
Superata comunque senza problemi questa prima parte del percorso, prima di rientrare con il sentiero nella faggeta ad alto fusto ci siamo concessi una pausa per rifiatare e ammirare ancora una volta, ma ora dall'alto, il pianoro.
Dissetatici, siamo ripartiti alla conquista della vetta incrociando un paio di gruppi della zona che già stavano ridiscendendone (ma loro erano del posto e non in trasferta come noi...) prima di raggiungere poco dopo la cima con ancora un bel po' di forze in corpo, segno che il passo che avevamo tenuto era stato quello giusto.
Comunque, nessuno si è lamentato della lunga "pausa-pranzo" che abbiamo fatto!!
Per di più, con vista sulla costa (anche se la foschia non consentiva una visione nitida).
Consumati i panini (e il caffè e i biscottini...), di nuovo gambe e zaino in spalla per affrontare la discesa sullo stesso percorso dell'andata, a metà del quale ci siamo concessi una piccola deviazione sul panoramico sperone roccioso per approfittare ancora una volta dello splendido colpo d'occhio sul grande pianoro sottostante, prima di raggiungerlo e riattraversarlo tutto nuovamente tra il bestiame al pascolo, e cercando di fissare nella mente, prima di rientrare in città, il più possibile dell'atmosfera ancora selvaggia di questa terra di pastori ricca di storia.
Al rientro, prima dei saluti, una sosta per un gelato meritato che ha movimentato un pochino la nostra giornata grazie alla batteria della macchina di Lorenzo, uno dei partecipanti, che ha pensato bene di cedere di schianto di domenica pomeriggio, a 60 km da casa...
Forse s'è arrabbiata perchè nessuno di noi gli ha portato un gelato!
[Nei prossimi giorni scriverò l'articolo di presentazione dell'escursione di domenica prossima sul Monte Nurietta]
martedì 19 maggio 2009
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Molto descrittivo a tratti spontaneo ma non abbastanza coinvolgente...manu'
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