mercoledì 2 giugno 2010
Selvaggiamente Nurietta
Domenica si era messa "male". Eravamo sull'altopiano di Rascino, alle pendici del gruppo del Monte Nuria e avevo introdotto al gruppo dei partecipanti l'escursione che stavamo per intraprendere come l'attraversamento di uno dei luoghi meno frequentati e, per alcuni versi, più selvaggi dell'Appennino Laziale, consigliandone a tutti di assaporarne appieno queste caratteristiche nel corso dell'intera giornata.
Manco a farlo apposta, nel giro di pochi minuti, ci siamo imbattuti in un gruppo di pastori che seguiva a passo d'uomo la mandria di mucche davanti a noi in fuoristrada, affumicandoci con i loro scarichi e togliendo alla vista veramente molto al selvatico del luogo; un gruppo di motociclisti che facevano cross e trial per i pratoni e due sedicenti tiratori al piattello i cui botti delle fucilate, da lontano, ci hanno fatto temere di essere nella zona di tiro di cacciatori fuori stagione e fuorilegge e di rischiare di mettere in pericolo la nostra incolumità quando, di lì a poco, avremmo dovuto attraversare il bosco.
Non lo nascondo: per più di alcuni minuti ho pensato seriamente di cambiare strada (e mèta), andando alla ricerca di qualche sentiero più tranquillo nei paraggi che avrebbe giustificato la nostra lunga trasferta in auto e regalatoci una giornata nella natura, così come tutti la desideravamo.
Ma, si sa, i desideri sinceri trasformano la realtà e il desiderio sincero, mio e di tutti gli altri 9 partecipanti, era di portare a compimento la nostra escursione, così come era stata programmata. Così, da quel momento, entrati nel folto del bosco, sono sparite le jeep, le moto, i cacciatori, e ogni altro fastidioso disturbo.
Solo noi 10 nella quiete della bella faggeta che, dall'estremità nordoccidentale dell'altopiano di Cornino, ci ha portato a raggiungere, dopo altri 600 m di dislivello in salita, l'ampia sella che divide le due vette sorelle del Nuria e del Nurietta, nostra méta dell'uscita.
Attraversata tutta la lunga e solitaria sella erbosa (e magnificamente fiorita) abbiamo intrapreso l'ultimo tratto di salita in cresta verso la vetta del Nurietta, tra gli ampi panorami a 360° sul Terminillo, il Velino, il gruppo del Gran Sasso e Monti della Laga, i sottostanti altopiani appena attraversati e, più lontani, le città di Rieti e L'Aquila.
Nemmeno la non perfetta visibilità causata dall'incremento di umidità e il vento freddo che soffiava con discreta intensità ci hanno distolto dal nostro obiettivo di annoverare tra i nostri traguardi di questi anni anche questa interessante - e, finalmente qui, selvaggia - vetta.
La discesa ci ha consentito di apprezzare ulteriormente gli ambienti che avevamo attraversato nell'altro senso poche ore prima, percependo ancora una volta chiaramente che un itinerario di andata e ritorno sullo stesso sentiero riserva, in entrambi i casi, piacevoli e differenti punti di vista e, soprattutto, che la passione dei motori, come tutte le passioni, non stiamo qui a discuterla ma che solo attraversandolo a piedi si può entrare realmente in contatto con un luogo straordinario come questo e assaporarne profondamente la sua energia e la sua bellezza.
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