domenica 22 gennaio 2012

Siamo noi


E' passata più di una settimana dal naufragio della Concordia, incidente che ci ha colpito tutti, non solo per la spettacolarità e la drammaticità dell'evento ma anche, a mio avviso, soprattutto perché tutti ci siamo sentiti, che lo si ammetta o no, indirettamente coinvolti.
Già dai primi momenti dopo l'incidente, sui blog e sui siti dei giornali si leggevano commenti che paragonavano l'affondamento della nave a quello dell'Italia, cosa peraltro rinforzata dal fatto che i due protagonisti principali, la nave e il comandante in fuga, fossero di nazionalità italiana.
Ci vedo anche io nell'evento una evidente metafora tuttavia credo che sia necessario allargare un po' lo sguardo.
Questo naufragio rappresenta simbolicamente - ma non troppo, viste le dimensioni della tragedia - non l'affondamento dell'Italia bensì l'affondamento di una cultura, di una visione del mondo. La nostra: quella del mondo cosiddetto progredito.
Quella basata sulla dominanza e sul bisogno di essere sempre più grandi; sull'arroganza di pensare di essere indistruttibili e di potersi permettere tutto, ma sulla pelle degli altri. Quella dello sprezzo delle regole di condotta prudenziale più basilari e della mancanza di una (minima) etica della responsabilità individuale. Quella dell'asservimento, però, al potere e al denaro, sempre più forti di noi, rispetto ai quali null'altro conta, anche di fronte alla sacralità della vita.
Quella dei deboli, insomma. Quella di coloro che si credono forti ma in realtà sono deboli come un bambino.
Osserviamo quel che accade all'esterno ma guardiamoci dentro.
Eliminiamo dentro di noi ogni tendenza all'onnipotenza e contribuiremo a evitare il prossimo disastro.

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