domenica 30 dicembre 2012

Tu scendi dalle stelle


Ho appena letto il libro del prof. Giuseppe Sermonti, L'alfabeto scende dalle stelle, ed. Mimesis.
Un piccolo straordinario saggio in cui l'autore - scienziato che ha saputo indagare e illustrare come pochi l'importanza del "mistero" nella e sulla scienza, non senza grandi ostacoli posti dal mondo scientifico-accademico - cerca di dimostrare, e per me ci riesce benissimo, l'ipotesi secondo cui le lettere degli alfabeti delle lingue del bacino del Mediterraneo non siano simboli casuali bensì siano simboli nati prendendo spunto dalla forma delle principali costellazioni del cielo dell'emisfero boreale.
Un'ipotesi affascinante, illustrata e ampiamente dimostrata con questo breve ma esaustivo trattato. Un piccolo libro adatto a tutti, asciutto ed essenziale, che però, a mio avviso, sarà maggiormente apprezzato da chi, come me, si diletta almeno ogni tanto a osservare il cielo stellato e a vagare, in qualsiasi stagione, tra le forme e disegni che quelle sei migliaia di puntini luminosi (è pressapoco il numero delle stelle visibili a occhio nudo) hanno ispirato le menti degli uomini di ogni tempo.
Postulato non secondario al teorema è che sia necessario arretrare sull'asse del tempo, di qualche decina di migliaia di anni, l'asticella che segna l'individuazione nel cielo stellato delle medesime costellazioni - e quindi dell'inizio dell'"astronomia" - a un periodo molto antico della storia dell'uomo, cosa di cui ero personalmente già consapevole, un po' per intuito o un po' per aver approfondito la conoscenza dei miti legati al cielo.
Mi è bastato leggere le prime pagine per capire che, in fondo, quello che stavo leggendo ce lo avevo avuto sempre sotto agli occhi e che, in effetti, non poteva che essere così. Il pensiero è andato infatti ad alcune costellazioni la cui forma riprende senza ombra di dubbio alcune lettere (dell'alfabeto greco): Cassiopea la Epsilon (o la M o la W, a seconda dell'inclinazione con cui la si guardi); il Cigno la Tau (T); Perseo la P greca. Riconoscere le altre, invece, necessita di un approccio meno immediato - in cui entra in gioco la Luna e il suo movimento nel cielo - ma non per questo meno realistico.


E così, la forma delle lettere maiuscole che usiamo deriva dall'alfabeto greco, derivante a sua volta da quello fenicio che, a sua volta, avrebbe preso spunto da culture semitiche precedenti che avevano organizzato la loro grafia - e l'ordine alfabetico - dall'osservazione delle forme nel cielo.
Le lettere minuscole (o corsive), invece, più tondeggianti e meno spigolose, deriverebbero dai simboli astrologici delle costellazioni dello zodiaco (le prime dodici) e da alcune delle più importanti costellazioni sulla Via Lattea, le stesse da cui deriva la forma delle maiuscole, di cui sono infatti la miniatura identica (le prime dodici minuscole differiscono invece molto nella forma dalla loro rispettive maiuscole).
Per completare l'opera, la pronuncia delle lettere deriverebbe dal nome (fenicio) della figura rappresentata da quella costellazione: Alfa da Aleph (Toro), Beta da Beth (Casa - il corrispettivo di quella che conosciamo come costellazione dei Gemelli), Gamma da Ghimel (Gobba/Cammello - l'attuale Cancro), Delta da Daleth (Porta - una parte del "nostro" Leone), ecc..


Non appena ho finito di leggere il libro mi è venuta voglia di tornare a scrivere a mano. Di abolire l'asettica tastiera e tornare a rappresentare graficamente su un pezzo di carta la grandiosità del cielo stellato sotto forma di lettere.
A pensarci bene, quando ero bambino mi piaceva molto scrivere accuratamente - riprodurre fedelmente le lettere - tant'è che quando facevamo i cartelloni a scuola le maestre davano l'incarico di scrivere sempre a me perché avevo una scrittura chiara, ordinata e leggibile.
Mi viene di nuovo voglia di scrivere lettere al posto delle email, di archiviare pensieri su un diario, di riconsiderare e perpetuare la sacralità della scrittura, emersa nel cuore degli uomini decine di migliaia di anni fa e ormai dimenticata. Come dice Sermonti: "L'alfabeto, nato dalla soluzione di parole incrociate, tra orizzontali terrene (zodiacali) e verticali celesti (galattiche) divenne il codice con cui si esprimevano civiltà millenarie. Con quell'enigmatico abbecedario saranno trascritte transazioni commerciali, inventari e menù, verità e bugie, filosofie e sofismi..., ma anche poemi epici e d'amore (...). Nessuno si accorge più che, scrivendo, leggendo o digitando, continua sottovoce a mormorare un ritornello, e a sgranare tra le dita un rosario di stelle.".

E' sempre più evidente, allora, che, se noi siamo dal punto di vista biochimico letteralmente "polvere di stelle" e se anche la nostra cultura deriva dal cielo, siamo a tutti gli effetti scesi dal cielo. Proprio come recita la celebre canzone di Natale - che tanti, bambini e non, avranno cantato di nuovo questi giorni -, formulata un paio di secoli e mezzo fa per celebrare la venuta al mondo di Gesù, la cui vicenda, al di là dell'uso che se ne fa come icona da duemila anni a questa parte, dovrebbe essere presa, almeno dagli occidentali, come esemplificazione dell'umanità profonda che ogni uomo che poggia i piedi su questo Pianeta può manifestare in qualunque momento. In quello è il divino.

Da sempre, quando osservo il cielo stellato, sento il cuore che si rasserena, come riconoscesse qualcosa di ancestralmente noto, come tornasse a casa.
Conclude infatti il prof. Sermonti, e io con lui: "Le lettere epigrafiche fenicie o greche sono trapuntate nei cieli. Non siamo noi che scopriamo nei cieli quelle forme prime, sono i cieli - se gliene diamo occasione - che le scovano in noi, presenti nella memoria delle generazioni, in attesa che il bimbo levi lo sguardo spaurito al buio della notte e il babbo gliele faccia riconoscere e dia loro un nome. L'alfabeto stellare attesta che la memoria del segno non si perde nell'oblìo della morte, ma affiora fedele nell'immaginario di ognuno, riflesso delle immense strade del cielo. I compilatori degli atlanti astronomici moderni hanno abolito le figure delle costellazioni perché (dicono) sono tracciate tra stelle estranee ed ignare. Essi aboliscono così gli eterni segni astrali che si annidano in ognuno di noi e che sostano sui deserti tra i sogni delle capinere.".

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