martedì 17 febbraio 2015
Mi rifiuto
Esco a fare due passi tra i campi immediatamente dietro casa e, mentre mi guardo piacevolmente intorno, scorgo una bottiglietta di plastica in terra in mezzo all'erba ai bordi della strada vicinale su cui sto camminando.
Non è la prima volta che capita.
Decido di non raccoglierla subito questa volta, non avendo dove buttarla più avanti: la prenderò al ritorno, come al solito, per non dovermela portare dietro. Non so quanto mi dilungherò e non ho modo di "stivarla" in uno dei comparti esterni dello zaino, come di solito faccio quando incontro dei rifiuti sul mio cammino quando sono in escursione, dato che non ho con me lo zaino.
Al ritorno, preso dai pensieri e dal godimento del sole e del panorama, mi dimentico di raccoglierla e il ricordo di farlo mi viene solo quando sono ormai più avanti di un paio di centinaia di metri del punto in cui l'ho vista. Il pensiero - tragico ma drammaticamente realista - è fulmineo: "la prenderò la prossima volta che passo, tanto sarà ancora lì".
Domanda: quando decideremo di prenderci seriamente la responsabilità individuale e di comunità di occuparci veramente e definitivamente della riduzione (innanzitutto) e dello smaltimento/riciclo dei rifiuti che produciamo?
Mi rifiuto di credere che ogni singolo essere umano, che sia re, regina, suddito, ricco, povero, nero, bianco, giallo, verde, alto, basso, colto, ignorante, giovane, anziano, imprenditore, operaio, padre, madre, figlio, cieco, sordo, muto o che altro, quando è solo davanti allo specchio, la mattina appena alzato, nel suo profondo intimo, non preferisca vivere in un mondo pulito e integro.
Cosa aspettiamo?
Chi vede il giusto e non lo persegue è senza coraggio.
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