giovedì 29 ottobre 2015

Buoni Selvaggi


Come avevo previsto, ho divorato il nuovo libro di Devis Bonanni: Il buon selvaggio.
Uscito il 15 di ottobre, ottenutolo io il 21, sono riuscito a portarlo con me e a iniziarlo nel corso della trasferta al Meeting annuale di AIGAE, che si teneva proprio nella terra di Devis, in Friuli, a una trentina di km da dove vive.
Per l'occasione, più unica che rara, l'avevo anche contattato personalmente per email, per vedere di riuscire a organizzare un incontro tra noi, per conoscerci, e avere io la possibilità di osservare dal vivo come si è effettivamente organizzato, con l'obiettivo di imparare anche qualcosa di pratico. Gli è però sfuggito di lasciarmi il numero nella sua cortese risposta e quindi l'incontro è saltato. Peccato.

Ho divorato il libro perché Devis scrive bene: leggendolo sembra di averlo seduto in poltrona davanti a te, a chiacchierare in maniera franca dei temi di cui scrive, con una tazza di thé caldo in mano.
Ho divorato il libro perché i temi di cui scrive li sento completamente miei - sono completamente miei - non solo idealmente ma anche praticamente.
In più di un punto nel testo sono rimasto davvero sorpreso nel constatare che i percorsi logici fatti dall'autore, e pure la sua determinazione e il suo vigore nell'esprimerli, sembrava glieli avessi suggeriti io chissà quando, talmente sono sovrapponibili con i miei! Incredibile la coincidenza dei temi, delle argomentazioni e il modo di sentirli; la condivisione del coraggio di certe scelte e la tenacia di portarle avanti nonostante tutto; l'ambizione latente a incarnare un modello, destabilizzata un poco dalla difficoltà di mantenersi coerenti.
E' un libro che va letto, non perché l'esperienza di Devis debba ritenersi a prescindere da replicare in toto ma perché i motivi che la muovono e l'hanno mossa sono sani e universali. E lui li esprime bene e in maniera coinvolgente.

"E tu, quando scrivi?!", ogni tanto mi chiede qualcuno, non ultimo qualche giorno fa, proprio durante la trasferta per il recente Meeting delle Guide AIGAE.
La cosa mi fa piacere, ovviamente, perché vuol dire che c'è la percezione che io abbia qualcosa da dire, cosa invece per nulla ovvia, per quanto mi riguarda.
Io me la cavo segnalando che sto già scrivendo, e immediatamente mi riferisco a questo blog, dove sono archiviati 290 post, relativi agli ultimi 8 anni di vita/lavoro. Anche ipotizzando che una cinquantina di essi siano meri articoli "promozionali", di lancio delle mie attività, ne restano tanti che, al ritmo di uno al giorno, si sarebbe impegnati per 8 mesi di letture.
In realtà - non mi nascondo - questa richiesta delicatamente insistente che mi giunge da più parti, evidenzia quella che è una mia chiara, evidentemente non opportuna, tendenza a soprassedere.
E' vero che avrei qualcosa da dire se è vero che dico - agisco - e avrei scritto le medesime cose che scrive Devis (in tutto questo libro personalmente avrei omesso una decina di righe di pensieri) e se è vero che, indubbiamente, questo libro avrà lo stesso successo, se non anche di più, del precedente ("Pecoranera"), ma mi fermo alla domanda: "se lo ha già scritto Devis (o chi per lui), che bisogno c'è che lo scriva anche io?".
L'eventuale inopportunità di questa riflessione - lo riconosco, ora, e mi impegno a trasformarla - evidentemente sta nel fatto che per quanto sia bravo a comunicare il Devis della situazione, e per quanto sia capace la casa editrice che lo pubblica, non riuscirà mai a raggiungere tutti. Nemmeno il presidente degli Stati Uniti, o l'uomo più potente della Terra che dir si voglia, sarebbe in grado di farlo. La comunicazione raggiunge sempre solo una nicchia di destinatari: per quanto estesa sia, è sempre limitata. E' necessario quindi il "passaparola", la staffetta del messaggio, rispetto al quale, penso di poter dire in serenità, sono operativo già da tempo nel quotidiano. Tuttavia, c'è forse bisogno di scrivere un altro libro (o un altro post), tagliando altri alberi per pubblicarlo e consumando altro petrolio per distribuirlo, in un Paese dove - come dice il mio collega, nonché editore, Marco - si leggono in media due libri l'anno a persona compresi i gialli-porno, e in cui il tempo medio di visita di una pagina web è di 2,5 secondi?
Se un libro già c'è, se qualcuno si è già espresso validamente e compiutamente a riguardo, siamo - appunto - operativi. Si procede quindi ora "in strada, tra la gente".

Da ragazzo sognavo di tenere un giorno in mano il Mio libro. Un libro bello, anche nell'impaginazione, come quello di Devis.
Oggi so che se Devis, che non conosco di persona e che vive a più di 600 km da me, ha scritto cose che avrei scritto anche io con la medesima determinazione e con anche quasi le medesime parole è perché siamo tutti cellule di un organismo superiore che tende, nonostante tutto e nonostante la nostra incomprensione, verso un ben preciso obiettivo.
E qui il discorso non verte più su quanti libri sia necessario ancora scrivere. Qui si tratta di continuare a tendere, con tutto noi stessi, a quell'obiettivo.

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