venerdì 20 agosto 2010

Elementi


Molti pensano, e chiaramente affermano, che io sia un "montanaro".
Non nascondo che le montagne mi hanno sempre molto affascinato e che, da quando ero bambino, sono state l'elemento che più ha influito sul mio desiderio di diventare, da grande, una Guida.
E' vero anche però che, un po' più grandicello, ho avuto modo, grazie alle scelte fatte dai miei genitori per la loro (nostra) famiglia, di trascorrere, per una decina d'anni, tutti i mesi delle vacanze estive al mare. Che sono stati, senza dubbio, tra i più belli della mia vita finora.
Poi c'è il fatto che mi piace molto camminare, le sensazioni che ti da e le prove a cui il cammino ti mette davanti per raggiungere la mèta. Esperienze che senz'altro si cocretizzano e si percepiscono più facilmente su un sentiero (di montagna).
In generale però faccio molta fatica a classificarmi all'interno di una categoria e anche in questo caso è così.
Il mare mi piace quanto la montagna, così come mi piace l'ambiente collinare, la campagna, i boschi, i laghi, i vulcani. Trovo che la natura tutta su questo Pianeta sia di una bellezza eccezionale e, in fin dei conti, mi impegno come Guida nel tentativo di condurre le persone che accompagno non nel mero raggiungimento di una mèta, come può essere una vetta, ma verso un riavvicinamento con la Natura e la (loro) dimensione naturale.
In questo senso la recente esperienza del VelaTrekking è una naturale conseguenza di quest'impegno. Una proposta di viaggio desiderata, pianificata e realizzata nel tempo, con l'intenzione, ora, di rimetterla in piedi anche per il futuro.
Le montagne erano mare e il mare diverrà montagne.
Entrambi sono fonte di godimento, di ispirazione per l'uomo; rifugio spirituale e via ricercata per la sua libertà.
Entrambi celano insidie e pericoli e lo costringono, nell'affrontarli, a mettere se stesso alla prova.
E' davvero così diverso il trekking dalla navigazione (a vela)?
Personalmente non lo credo e le sensazioni che ho provato un mese fa sono state molto forti e rimarranno tali per molto altro tempo ancora.
In questo mio spazio si è parlato finora per forza di cose molto più di escursioni "terrestri", ho piacere invece ora di scrivere due parole in più anche su quelle "marine". Non sono parole mie, sono di Simone Perotti, autore de "L'estate del disincanto" da cui sono tratte, ed esperto navigatore.
Egli dice che “La navigazione offre all’uomo la stessa incognita della vita. Il vento stabilisce la direzione, ma a noi è consentito orientare i colpi del fato usando l’ingegno, bordando le vele e mettendo la prua nell’angolo migliore, tenendo ben chiara la coscienza della meta. Ma una barca non può navigare contro il vento. Non le è consentito dalla natura. Quella forza, opposta a quella che in altri momenti l’ha orientato dritto verso casa, guida ora il timoniere in luoghi sconosciuti, dove fare scalo suo malgrado, senza intenzione, speranzoso di riprendere la via alla prima volta di brezza. Il marinaio sa che quel porto non incrocia la rotta per caso, non è estraneo alla sua navigazione e non deve essere rifiutato. Il mare non ha pietà per chi disdegna il riparo che gli viene offerto. L’uomo di terraferma giudica un errore l’atterraggio su un molo imprevisto, ed è per questo che la sua vita si incaponisce contro le onde e tarda a compiersi verso la giusta via. Egli misura il tempo perduto, lo spazio non ancora percorso, e non gode del tempo ritrovato. Si lamenta, senza comprendere che le onde e il vento potrebbero porre fine al suo viaggio in ogni momento. Ogni porto è una tappa del lento ritorno a casa, e sulla via della salvezza non ci sono che buoni ripari, dei quali essere grati al destino.”

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