martedì 20 gennaio 2009

Il navigatore, anche per le escursioni


Da alcune settimane è uscito il nuovo modello di un navigatore satellitare, già presente sul mercato, dedicato a chi fa attività outdoor come escursionismo, mountain bike, sci, ecc.. Tra le tante funzioni presenta anche la principale che è quella di indicare la via fino alla mèta impostata, proprio come il fratello più conosciuto, il navigatore che molti hanno in auto, questa volta però su mulattiere e sentieri, tra passi e selle di montagna o boschi nelle valli.
Non ci si stupisca se non faccio salti di gioia.
Il progresso tecnologico non va demonizzato a prescindere, è parte manifesta dell'evoluzione culturale dell'umanità ma, di fronte a questo, è sempre necessario chiedersi quanto e come condizioni il nostro modo di vivere e soprattutto la nostra capacità di stare al mondo.
E ciò richiede una presa di responsabilità individuale da parte di ognuno.
Non me la prendo con lo strumento in sé, non sono gli strumenti ad essere al centro della questione ma l'uso che se ne fa degli stessi.
E prima ancora della necessità dell'uso, che il più delle volte è pompata da esigenze di marketing.
Allora, strabuzzo gli occhi quando leggo descrizioni (all'apparenza da parte di soggetti non coinvolti nella produzione) di questo navigatore del tipo: “uno strumento che consente di andare alla scoperta delle montagne in tutta sicurezza” o simili, e mi vengono subito alla mente tutte le volte che ho dovuto invitare le persone che stavo accompagnando sul sentiero che, pur avendo una Guida che li stesse conducendo ciò non li svincolava dal fatto di vedere dove appoggiassero i piedi e che, in generale, si rendessero almeno conto di dove stessimo andando e in quale direzione stessimo camminando.
E penso anche a tutte le volte che in città sono stato affiancato da un'auto dalla quale, dietro al finestrino semi-aperto, una persona, dall'espressione che definirei disperata perché il suo navigatore stava dando i numeri per qualche arcano motivo, mi chiedeva dove fosse la determinata via, per scoprire poi, alle mie indicazioni, con incredulità, che era proprio la via su cui ci trovavamo. A chi potrebbe chiedere costui (e cosa potrebbe accadere) se ciò avvenisse su un sentiero su un costone, nella nebbia improvvisamente scesa, col buio che si avvicina e magari fosse anche in compagnia di sua moglie e dei suoi due figlioli?
Senza tirare in ballo la considerazione – del tutto personale, si intende - che anche le ormai desuete carte topografiche sono una forma d'arte con le quali è possibile stabilire un rapporto unico, di immedesimazione e di immaginazione dell'andamento del terreno non riproducibili con un oggettino elettronico. Materiale indispensabile nella programmazione e nell'effettuazione di un'uscita ma anche semplicemente interessante da consultare. O ancora, che la bussola, ad esempio, non ha bisogno ne delle batterie ne della mancanza delle fronde degli alberi che coprono la ricezione per funzionare.
Non è lo strumento che mi sento di criticare. Ma quanto di esso si dica senza cognizione di causa, cioè creando delle false idee e delle aspettative che possono in qualche modo incentivare una certa irresponsabilità da parte di chi lo utilizzi. Soprattutto se a parlarne in questi termini sono soggetti in genere considerati come punti di riferimento per quel settore o argomento, che dovrebbero essere consapevoli dei potenziali effetti di quanto dicono.
Per fortuna almeno la casa produttrice afferma, nel documento di presentazione del suo prodotto, che "prudenza e preparazione devono sempre accompagnare chi si dedica all’escursionismo: oggi questo navigatore rappresenta un efficace supporto oltre la classica cartina geografica". E il saperla usare, aggiungo io.

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