martedì 14 dicembre 2010

La rivoluzione del filo di paglia


Grazie alla segnalazione di Gabriella, una affezionata partecipante alle escursioni domenicali che organizzo nonché affezionata lettrice del blog, ho incontrato sulla mia strada per la seconda volta questo libro. La prima volta, nonostante avessi subito deciso di leggerlo mi è poi passato di mente, la seconda ho colto la palla al balzo, sono andato in libreria, l'ho comprato e l'ho letto tutto d'un fiato.

Sebbene il sottotitolo evidenzi che si tratta di una introduzione all'agricoltura naturale, La rivoluzione del filo di paglia di Masanobu Fukuoka è un libro che tutti dovrebbero leggere e che sicuramente non dovrebbe mancare nella biblioteca di quelli che si occupano di ambiente, sostenibilità, salvaguardia degli ecosistemi naturali, educazione ambientale. Si perché l'agricoltura naturale (quella vera) e il suo metodo di coltivazione del "non fare" che si oppone all'agricoltura convenzionale odierna che, anche nella dimensione del piccolo podere contadino, assume le caratteristica "industriale", è solo un aspetto con cui Fukuoka affronta il tema molto più ampio del vivere in (reale) armonia con la natura, collaborando con essa e ricevendo in cambio tutto quello di cui si ha bisogno per vivere. E non solo, visto che è dimostrato da decine di anni di suoi raccolti che la produzione agricola basata sui suoi principi è stata equivalente, se non superiore in alcuni casi, a una produzione da agricoltura intensiva.

L'umanità non conosce la natura, afferma Masanobu, perché il mondo è diventato così specializzato da rendere impossibile alla gente di afferrare qualcosa nella sua completezza. Ecco allora che la rivoluzione può cominciare da questo filo di paglia solo che, nella sua semplicità custodisce un potere immenso, quello di perpetrare la vita, generandone di nuova attraverso l'instaurazione e la conservazione di un equilibrio naturale quando viene restituito al terreno, invece che sottratto, che l'ha a sua volta generato.
Ogni cosa dovrebbe essere lasciata al suo corso naturale ma non restando noi lì a guardare bensì sostenendo e facilitando questi processi ed evitando le azioni inutili (ecco qui il "non-fare"). Invece gli esseri umani fanno il danno, non riparano l'errore e quando i risultati negativi si accumulano, lavorano con tutte le energie per correggerli. Poi, quando le azioni correttive sembrano avere successo, arrivano a considerare queste misure come splendide realizzazioni. La gente cocciutamente insiste sempre ad agire così.
Così facendo si arriva quindi a un punto in cui le tecniche avanzate sembrano necessarie perché l'equilibrio naturale è stato precedentemente così sconvolto a causa di quelle stesse tecniche che la terra è diventata tale da non poter fare a meno di loro. E continua, a completezza della visione e del discorso, affermando che questa logica non vale solo per l'agricoltura ma anche per altri aspetti della società umana. I medici e la medicina diventano necessari quando la gente si costruisce un ambiente malato. La scolarità istituzionale e la scuola pubblica dell'obbligo non hanno nessun valore in se stesse ma diventano necessarie quando l'umanità crea delle condizioni per cui bisogna diventare "istruiti" per tirare avanti.

Un testo dunque che ha più di 35 anni ma che tocca questioni quantomai attuali, e infatti, come dice Larry Korn nell'introduzione, il grande contributo di Fukuoka sta nell'aver dimostrato che l'azione quotidiana di costruire una salute spirituale può produrre una pratica e benefica trasformazione del mondo. Cosa di cui, oggi più che mai, di fronte alle enormi devastazioni ambientali di cui la nostra civiltà è causa, c'è davvero bisogno.
Per concludere quindi, se l'atteggiamento nei confronti della Natura ( e quindi verso noi stessi, che di questa siamo parte inscindibile) non è corretto, anche i potenziali rimedi possono essere un danno e le parole di Masanobu anche in questo caso sono chiare: nella misura in cui la gente si allontana dalla natura, ruota sempre più lontano dal centro. Contemporaneamente si afferma una reazione centripeta e cresce il desiderio di tornare alla natura. Ma se le persone si fanno prendere unicamente dalla reazione, muovendosi a sinistra o a destra secondo le circostanze, il risultato è solo più attivismo. (...) Credo che anche le attività di "ritorno alla natura" e contro gli inquinamenti, per quanto lodevoli, non si muovono verso una vera soluzione se vengono portate avanti unicamente come reazioni all'iper-sviluppo dell'Era presente.
Uno stimolo in più per prendersi la responsabilità di ogni nostro singolo gesto quotidiano.

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