domenica 12 giugno 2011

L'intelligenza del ciliegio


Qualche giorno fa, mentre raccoglievo un po' di ciliege da un albero, mi è venuta in mente la prefazione di un libro, gentilmente prestatomi, sui rapporti ecologici tra piante e animali (Piante e animali: rapporti ecologici ed evolutivi - di Howe/Westley - F. Muzzio editore) che ho letto non molto tempo fa; prefazione che è stata scritta da Giorgio Celli, professore di entomologia e anche noto divulgatore scientifico in programmi televisivi, che, apprendo ora, proprio ieri ha concluso la sua esistenza, la cui interessante riflessione in tale prefazione quindi ho piacere di riportare, anche come ringraziamento per il suo contributo.

Di tanto in tanto, qualche persona con tendenze mistiche mi fa visita nel mio Istituto, o mi telefona per avere conferma di una sua intuizione. In altre parole, pensa che le piante pensino. Ora, secondo me, non c'è pensiero dove non c'è sistema nervoso, e le piante, per quanto ne so, non hanno di sicuro un cervello, per lo meno nella forma che noi giudichiamo canonica. Però, se non pensano non di meno, a mio parere, si comportano, e cioè sono degli attori non passivi, ma attivi sul palcoscenico del mondo in cui si recita un dramma che più realistico di così si muore: la lotta per la vita. [...]
Venendo al ciliegio: i fiori sono bianchi e i frutti rossi. Non a caso, perché i fiori devono attirare le api (per essere impollinati e dar vita, così, ai frutti - nda), che sono cieche al rosso e che hanno il compito di portare il polline di corolla in corolla, mentre i frutti hanno la funzione di attirare gli uccelli, che vedono benissimo il rosso, e che mangiando la polpa succosa inghiottono anche i semi e li portano in giro emettendoli con le feci (contribuendo così alla diffusione degli stessi e alla riproduzione della pianta - nda). Che cosa ne dite? Si può parlare, allora, dell'intelligenza del ciliegio?

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