lunedì 8 febbraio 2010

Sentiero Natura, n° 4 - Febbraio 2010


Appuntamento ormai consueto all'inizio del mese con l'uscita della rivista del quartiere Trieste-Salario di Roma 4 Soul Pocket, in cui vi è la rubrica che tengo sulle Aree Protette del Lazio.
Questo mese l'articolo è dedicato alla Riserva Naturale del Lago di Vico, splendida da visitare in questo periodo, nel pieno dell'atmosfera invernale.

La leggenda vuole che il lago di Vico si sia formato quando Ercole conficcò la sua clava nel terreno sfidando gli antichi abitanti del luogo a estrarla. Nessuno vi riuscì e quando lo fece lui, dall'enorme buco che si era creato, fuoriuscì un fiume d'acqua che riempì la conca che si era creata.
Come sappiamo, nelle leggende vi è sempre un fondo di verità. E i racconti mitologici sono lo straordinario modo che i popoli antichi hanno elaborato per tramandare alle generazioni successive la conoscenza dei fatti. Troppo spesso, figli di questa civiltà arida di immaginazione, li trattiamo come semplici “favole”, mentre, invece, leggendo “tra le righe” vi potremmo trovare la spiegazione anche a fenomeni complessi, che senza ombra di dubbio rientrano tra gli argomenti trattati dalla scienza.
La realtà è che il lago di Vico è un lago di origine vulcanica (ed è uno dei più belli e meglio conservati dell'Italia Centrale) originatosi da un enorme sprofondamento tettonico che ha creato la caldera e che, successivamente, si è riempita d'acqua, grazie anche alle numerose sorgenti che sgorgano al suo interno. Un fondo di verità quindi c'è.
La sua particolare forma a ferro di cavallo testimonia ancora la sua origine. Il promontorio che si erge sulla sponda settentrionale, il Monte Venere, non è altro che un cono vulcanico formatosi con l'ultima fase eruttiva. Se non ci credete, salite sulla sua vetta e cercate bene tra gli alberi: troverete il Pozzo del Diavolo (attenzione a non caderci dentro!), una cavità naturale che i geologi considerano essere l'ultima “bocca da fuoco” dell'antico vulcano, e il cui il nome, a ben guardare, può confermare quest'interpretazione.



Oltre alla bellezza del bacino lacustre e delle sue acque calme, la caratteristica principale della Riserva è che in essa sono presenti ambienti con situazioni ecologiche completamente diverse tra loro ma condensate in un ambito territoriale ristretto. Gli ambienti più caratterizzanti sono rappresentati dal lago con il canneto che lo circonda quasi ovunque, la zona umida in corrispondenza della località Pantanacce, i prati-pascoli naturali, i seminativi, i coltivi a nocciolo (la Nutella viene anche da qui!) e, più in alto, a castagneto da frutto; seguono il bosco ceduo e d'alto fusto con il querceto nella parte più alta e la faggeta. Proprio quest'ultima costituisce una delle scoperte più interessanti che si possono fare all'interno della Riserva. Alla base del Monte Venere, cresce una monumentale faggeta “depressa” (che si trova cioè molto al di sotto del limite altitudinale tipico di questo consorzio vegetale nell'Appennino centrale, gli 8-900 m) con faggi secolari, dalle dimensioni davvero imponenti, che troviamo sul versante orientale del monte a circa 530 m s.l.m..
Febbraio è uno dei periodi migliori per visitare questi luoghi: è numerosissima l'avifauna acquatica che qui trova rifugio e alimento nei mesi invernali e proprio in questi giorni è il momento migliore per osservare la famosa danza nuziale dello svasso maggiore (l'uccello simbolo della riserva) che vede i due esemplari, maschio e femmina, prima dell'accoppiamento, uno di fronte all'altra sulla superficie dell'acqua, offrirsi reciprocamente fili d'erba e rametti per la costruzione del nido e poi compiere petto a petto frenetiche evoluzioni, alzando e abbassando i caratteristici ciuffi auricolari ai lati del capo.
Che dire? Non mi resta che augurare come sempre,...buone escursioni!

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