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martedì 12 maggio 2015
Battaglia quotidiana
[Letta presso una ditta di informatica di cui sono cliente]
Un ingegnere fu chiamato a riparare un computer molto grande ed estremamente complesso. Un computer del valore di 12 milioni di dollari.
Sedutosi di fronte allo schermo, premuti alcuni tasti, annuì e mormorò qualcosa tra sé e sé e lo spense.
Prese un piccolo cacciavite dalla tasca e girò a metà una piccola vite.
Poi accese di nuovo il computer e verificò che funzionava perfettamente.
Il Presidente della società fu felice e si offrì di pagare il conto sul posto.
"Quanto le devo?" chiese.
"Mille dollari" rispose l'ingegnere.
"Mille dollari?! Mille dollari per un paio di minuti di lavoro?? Mille dollari, semplicemente per aver girato una piccola vite?? Io so che il mio computer costa 12 milioni di dollari ma mille dollari è un importo pazzesco! Pagherò solo se mi invia una fattura dettagliata che giustifichi perfettamente questa cifra!"
Il tecnico annuì e se ne andò.
L'indomani, il Presidente ricevette la fattura, lesse attentamente, scosse la testa e procedette al pagamento, senza indugio.
La fattura riportava:
SERVIZI OFFERTI:
- Serrare una vite.....................Dollari 1
- Sapere quale vite serrare........Dollari 999
E dire che, da ragazzo, volevo fare l'ingegnere.
Sarebbe cambiato poco, in questo senso.
E' una battaglia quotidiana per tutti i professionisti (veri) che ogni giorno affrontano la svalutazione da parte di quelli che, per la loro stessa ignoranza, non vogliono comprendere.
Per mia fortuna, a onor del vero, ho avuto modo, in questi anni, di incontrare anche persone obiettive che, al contrario, hanno palesemente riconosciuto (dopo) che quello che avevo offerto e che avevano loro stessi pagato, avrei potuto tranquillamente farlo pagare di più. Dicono che lo avrebbero acquistato comunque, senza dubbi.
E' un bell'incoraggiamento a non demordere.
La guerra non è persa ancora.
sabato 1 marzo 2014
L'Economia del Dono
Cosa succede quando uno antepone al mero tornaconto personale lo spirito dell'offerta?
E cosa succede se a questo individuo rispondono gli altri alla stessa maniera, unendosi a lui, e innescando così un processo complessivo che potremmo definire "Economia del Dono"?
Succedono cose straordinarie.
Tutto è cominciato prima dell'estate scorsa, quando ho deciso di proporre alla Riserva Naturale Monte Rufeno un Corso di base di Escursionismo con didattica Walking Group Leader Training AIGAE, da svolgersi in collaborazione, nei locali della loro sede di Acquapendente (VT), in autunno.
La mia intenzione, in quanto Formatore Nazionale AIGAE, era quella di mettere a disposizione le mie competenze e la mia esperienza, creando con l'Ente una partnership "qualificata" e volta a promuovere il corso sulla base delle proprie rispettive mission, che ovviamente, almeno su alcuni punti, sono molto vicine, se non del tutto coincidenti.
Stabiliti gli accordi su cui si sarebbe fondata la collaborazione - accordi di cui avrebbe beneficiato tutto il gruppo degli eventuali partecipanti - siamo usciti in promozione combinata con un corso di riconosciuta qualità (gli standard sono stabiliti a livello nazionale dalla Commissione Formazione AIGAE) a un prezzo da me voluto assolutamente "popolare", per dar modo a più persone possibili di poter cogliere l'opportunità; corso che, alla fine, non solo ha registrato il tutto esaurito nelle iscrizioni ma ha anche innescato un circolo virtuoso di richiesta che si è diffuso in tutta la Tuscia Viterbese (le manifestazioni di interesse arrivate alla fine sono state superiori al doppio dei posti disponibili), richiedendo allo scrivente di rispondere anche a persone che scrivevano dalle lontane Sardegna (ben due!) e Sicilia, e di attivare, praticamente in contemporanea alla partenza prevista di questo, altri due corsi a pochi km di distanza presso le Riserve Naturali del Lago di Vico e della Selva del Lamone, le quali, tuttavia - come volevasi dimostrare - non hanno creduto alla stessa maniera dei loro colleghi di Acquapendente alla bontà della cosa e quindi, guarda caso (se il caso esistesse), non hanno ricevuto in fin dei conti le medesime attenzioni da parte del pubblico, tanto da non consentirmi di attivare effettivamente i due corsi extra in programma a causa della sostanziale mancanza del numero minimo di aderenti.
Il corso è quindi poi iniziato il 15 novembre 2013, si è svolto per intero (con 8 lezione teoriche settimanali e 3 uscite pratiche sul campo nel fine settimana) per una durata complessiva di un paio di mesi, considerando anche la la pausa natalizia in mezzo (è terminato il 19 gennaio scorso), riscuotendo nei partecipanti un notevole interesse (9,5 su 10 il voto complessivo finale emerso dalla media di quanto espresso nei questionari di gradimento a essi sottoposti) e, cosa ancor più importante, oltre ad aver ottenuto di diplomare tutti i partecipanti all'esame, ha contribuito alla creazione di un gruppo di lavoro nato in seno ad esso e composto da alcuni dei corsisti, gruppo di lavoro interessato, partendo dai temi propri del corso stesso, a far nascere una cooperazione tra i membri stessi e tra loro ed eventuali altre realtà locali per lavorare alla valorizzazione e alla promozione del (bel) territorio in cui viviamo. Tale l'entusiasmo a riguardo che il gruppo di lavoro ha iniziato a riunirsi ancor prima che il corso terminasse, sulla base della socializzazione dei membri che è stata sostanziale e, anche, decisamente rapida.
Tutto questo partito dalla scintilla iniziale: l'aver personalmente determinato di fare le cose al meglio, con la massima dedizione e l'estrema attenzione al dettaglio e, soprattutto, alle persone.
Ieri abbiamo festeggiato la fine del corso con la cena autorganizzata di consegna dei diplomi.
Ne è venuta fuori una cosa meravigliosa, perché tutti, nessuno escluso, hanno voluto offrire il proprio meglio allo scopo.
Ci siamo riuniti in uno dei bei casali in pietra degli antichi poderi mezzadrili che costellano la nostra splendida zona, sul crinale che divide Umbria, Lazio e Toscana e che chiude in un unico abbraccio le ultime propaggini nord della Tuscia Viterbese, dell'Orvietano nord-occidentale e della Val d'Orcia toscana meridionale: insomma tre super posti del nostro Paese.
Ci siamo seduti in 16 a una tavolata di fronte al fuoco del grande camino del casale e abbiamo mangiato e brindato con cose superbe: chi ha portato le fettuccine fatte in casa; chi ha fatto il sugo per condirle; chi ha scelto i migliori vini; chi ha colto, per l'occasione, deliziose insalatine selvatiche, condite poi con olio biologico anch'esso autoprodotto; chi ha portato un eccezionale pecorino stagionato in casa; chi ha reperito la miglior carne in circolazione, cotta poi immancabilmente sull'abbondante brace; chi ha fatto il dolce in casa e chi ha preparato una polentina per l'antipasto, tostata anche questa alla brace, per gradire.
In un'atmosfera davvero spensierata e gioviale, l'incontro ha ricordato una cena d'altri tempi, in un contesto d'altri tempi, in cui i partecipanti, lasciate fuori dalla porta per un momento le fatiche e le corse del quotidiano, hanno condiviso goliardicamente e assaporato davvero il gusto del Bello e del Buono.
E non poteva naturalmente mancare il momento dei canti finali tutti insieme!
Una serata che avresti voluto non finisse mai e che, come si è visto, ha spazzato via ogni mia velleità personale di dare un minimo tono di ufficialità alla cosa. Perché, come ha affermato Pietro mentre riponeva la chitarra nel fodero un attimo prima dei saluti e dopo aver suonato un repertorio scelto appositamente per l'occasione: "oggi abbiamo fatto pace con un pezzo di mondo!".
Insomma: funziona l'Economia del Dono?
Funziona, funziona. Eccome.
Parola di Economista.
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giovedì 5 gennaio 2012
2012
E così, finalmente, è cominciato.
L'anno della "fine del mondo" è cominciato ed è cominciato sulla falsariga dei parametri che ci porteranno alla presunta e tanto chiacchierata fine del mondo, reale (catastrofi naturali) o metaforica (fine di una logica) che sia.
L'ONU infatti lo ha proclamato Anno Internazionale dell'Energia Sostenibile per tutti.
Proclamazione che è coerente, appunto, con la logica occidentale secondo la quale ci riteniamo i detentori del vero progresso e della democrazia e, in quanto tali, titolari del diritto/dovere di esserne esportatori verso quelli che riteniamo, invece, i Paesi sottosviluppati. Infatti, l'obiettivo che si prefigge l'Organizzazione delle Nazioni Unite è quello della diffusione su larga scala delle cosiddette "energie pulite", al fine di consentire la crescita e lo sviluppo nei Paesi in ritardo, dando per assunto che la maggiore presenza di energia, soprattutto quella elettrica, sia condizione necessaria per innescare un miglioramento duraturo delle condizioni di vita.
Si auspica quindi, in sostanza, la diffusione di pannelli solari, pale eoliche e quant'altro nei Paesi e nelle regioni del mondo che si considerano bisognose di energia per i risolvere i loro problemi relativamente alle condizioni di vita. Le multinazionali della cosiddetta "green economy" e della produzione di energia pulita, pronte a supportare questo nobile proposito, immagino si stiano già sfregando già le mani.
Di risparmio energetico da noi nemmeno una parola.
Dell'impossibilità di ambire in ogni caso, per i Paesi "sottosviluppati", al mirabolante sviluppo e alle condizioni di vita raggiunte dalle economie occidentali, senza che queste - ammesso che basti comunque - siano disposte a ridurre drasticamente il proprio consumo di energia, nemmeno.
Anzi, da quanto sembra, si punta all'opposto: l'obiettivo è produrre più energia - per produrre più beni e generare, quindi, più consumi -, energia però "sostenibile". Ecco la magica parolina in grado di farci mandare giù le pillole più amare di una realtà altrimenti difficile da accettare! Crescita sostenibile, turismo sostenibile, energia sostenibile... sono lì dove il magico aggettivo riesce a rendere tollerabile, sopportabile, difendibile (questi alcuni dei suoi sinonimi) quello che altrimenti, da solo, non lo sarebbe.
Ehi voi, mai sentito parlare dei Principi della Termodinamica? Sono due delle leggi fisiche più importanti su cui si basano i fenomeni dell'Universo. In genere, si studiano anche a scuola e possono essere riassunti con una breve frase: "la quantità di energia totale dell'Universo è costante e l'entropia totale è in continuo aumento". Senza entrare troppo nel merito scientifico, per quel che ci riguarda le implicazioni più importanti sono che l'energia non si crea ne si distrugge, passa solo da uno stato a un altro, e che, in particolare, si passa da uno stato di "ordine" a uno di "disordine" (aumento di entropia), in cui l'energia a disposizione per effettuare lavoro utile è sempre minore.
E' un processo dal quale non ci possiamo affrancare perché costituisce una delle fondamenta del nostro mondo. Tutti noi - così come i nostri antenati - siamo nati e nasciamo in un mondo che, al momento della morte, lasciamo un po' più "povero e in disordine" perché non esistono attività da parte degli esseri viventi che abbiano un impatto nullo sul sistema.
E' un processo però che possiamo scegliere di non accellare e questo è possibile SOLO attraverso il risparmio delle risorse energetiche e di materia di cui disponiamo.
Quello a cui dobbiamo puntare e che dobbiamo cominciare a costruire è una società a bassa energia e questo semplicemente significa, rispetto alla nostra attuale società ad alta energia, limitare i propri consumi e le proprie attività divora-risorse, limitare l'inutile e il superfluo.
Si obietterà che non si può fare una vita di rinunce, che il movimento è vita, e che le nostre coscienze hanno bisogno, per crescere, di una continua attività del fisico.
Ma allora - conclusione logica - un flusso energetico maggiore, un maggior disordine e una maggiore dissipazione conseguenti nel mondo creerebbero un ambiente più favorevole per lo sviluppo delle coscienze?
No, e l'evidenza dell'attualità ne è la controprova.
Se si aumenta il flusso energetico e il conseguente disordine non si garantisce un maggior sviluppo spirituale. Anzi, è vero il contrario. Tutti i grandi maestri della saggezza tradizionale hanno abbracciato i valori insiti in una vita a bassa entropia. Da Budda a Gesù, da Maometto a, più recentemente, Gandhi, hanno vissuto una vita fatta di semplicità, di povertà spontanea e di comunione.
La Felicità ha origine nella quiete e dalla constatazione della bellezza nell'"essere", non dal caos e dalle fatiche del "fare" ad ogni costo. Il Budda Shakyamuni si è illuminato seduto in silenzio sulle sponde del fiume mentre ne contemplava lo scorrere, diventando così una sola cosa con esso. Eppure, nella nostra logica di conquistatori, siamo arrivati anche a concepire che l'illuminazione stessa debba essere raggiunta (conquistata), invece che percepita dentro di se e manifestata.
Il nostro benessere spirituale e la nostra felicità non dipendono da quante cose facciamo; così vale per il mondo intero. Al contrario, più consumiamo energia facendo cose (futili) e più l'energia globale del sistema mondo diminuisce e con essa lo sviluppo della vita.
Per generare un reale Sviluppo, non abbiamo bisogno quindi di produrre più energia in un luogo - per giustificare l'esportazione in quel posto del nostro modo di vivere di per se già insostenibile - senza che vi sia una corrispondente diminuzione di consumo dall'altro. Abbiamo bisogno, invece, di conservare il più a lungo possibile l'energia del sistema e questo è possibile solo passando da una società ad alta energia quale è quella occidentale attuale a una a bassa energia, tipo quella delle comunità che oggi consideriamo sottosviluppate (e che vogliamo andare a colonizzare anche sotto questo aspetto) o tipo quella contadina che ci ha preceduto e che conosciamo molto bene. Siamo noi che dobbiamo, eventualmente, imparare dal loro "stile di vita"!
Adoperiamoci quindi perché il 2012 sia davvero l'inizio della fine di QUESTO mondo e la partenza per la costruzione di una nuova era, basata si sulle risorse energetiche rinnovabili (sole, vento, acqua, biomassa,...) ma in una logica di conservazione/trasformazione e non di produzione/consumo, anche se giustificati dalla presenza di tecnologie "pulite" (ammesso che il bilancio totale finale confermi che siano davvero tali).
Cominciamo quindi ora dal trasformare la nostra tendenza al considerare il benessere e la nostra felicità dipendenti da fattori esterni, che sono spesso beni e servizi di consumo di dubbia utilità.
"Una volta accettata la legge dell'entropia non possiamo più rifuggire dalla nostra responsabilità totale per tutto ciò che accade nel mondo in cui viviamo e su cui esercitiamo la nostra influenza. (...)
La legge dell'entropia da una risposta al problema fondamentale che ogni cultura, nel corso della storia, ha dovuto affrontare: quale deve essere il comportamento dell'uomo nel mondo? (...) Per preservare e accrescere la vita in tutte le sue forme è necessario che vi sia energia disponibile. Quanto maggiore è la quantità di energia disponibile, tanto migliori sono le prospettive di ampliare le possibilità di vita in futuro. Ma la seconda legge della termodinamica dice anche che le riserve disponibili di energia nel mondo si esauriscono continuamente al verificarsi di ogni evento. Quanto maggiore è l'energia consumata da ciascuno di noi, tanto minore sarà la quantità disponibile per ogni forma di vita che verrà dopo di noi. Il supremo imperativo morale, quindi, è di sprecare meno energia possibile. Così facendo esprimiamo il nostro amore per la vita e il nostro impegno d'amore perché ogni forma di vita continui a manifestarsi.(...)
Conservare nel modo migliore possibile la dotazione limitata di risorse che ci è stata lasciata e rispettare nel modo migliore il ritmo naturale che governa il processo del divenire significa esprimere il nostro amore supremo per ogni forma di vita che ci ha preceduti e per ogni forma di vita che seguirà. Essere consapevoli di questa duplice responsabilità costituisce il primo stadio verso la trasformazione da un sistema di colonizzazione a un sistema climax*. Noi siamo i custodi del mondo"**
* l'adattamento ottimale della comunità degli organismi viventi alle condizioni ambientali
** tratto da Entropia, di J. Rifkin
sabato 17 dicembre 2011
Asini
Un uomo ben vestito, in giacca e cravatta, apparve un giorno in un villaggio. In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a 100,00 euro in contanti ogni asino che gli sarebbe stato offerto. I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi. Perché avrebbero dovuto vendere gli asini? Tuttavia ci fu un gruppo di loro che accettò l’offerta e se ne tornò a casa con il portafoglio gonfio. L’insolito faccendiere tornò anche il giorno dopo, e questa volta offrì 150,00 euro per ogni asino. Di nuovo, tante persone gli vendettero i propri animali. Il giorno seguente offrì addirittura 300,00 euro a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio. Vedendo che non ne rimaneva nessuno, l’uomo annunciò che la settimana successiva avrebbe acquistato asini alla cifra esorbitante di 500,00 euro, e se ne andò dal villaggio.
Il giorno immediatamente successivo, però, affidò al suo socio il gregge che aveva appena acquistato e lo inviò nello stesso villaggio con l’ordine di vendere gli animali a 400,00 euro l’uno. Vedendo la possibilità di realizzare un utile di 100,00 euro, nei giorni che seguirono tutti gli abitanti del villaggio acquistarono asini a quattro volte il prezzo al quale li avevano venduti e, per fare ciò, si indebitarono con la banca. Ma come era prevedibile, i due uomini d’affari, con le tasche piene, fuggirono in un paradiso fiscale, mentre gli abitanti del villaggio si ritrovarono degli asini senza valore e debiti fin sopra i capelli. Gli sfortunati provarono invano a vendere gli asini per rimborsare i prestiti ma il valore dell’asino era crollato. Gli animali furono sequestrati e affittati ai loro precedenti proprietari dal banchiere.
Nonostante tutto ciò, il banchiere andò a piangere dal sindaco, spiegando che se non recuperava i propri fondi, sarebbe stato rovinato e avrebbe dovuto esigere il rimborso immediato di tutti i prestiti fatti al Comune. Per evitare questo disastro, il sindaco, invece di dare i soldi agli abitanti del villaggio perché pagassero i propri debiti, diede i soldi al banchiere (che era, guarda caso, un suo caro amico e primo assessore). Quest’ultimo, però, dopo aver rimpinguato la tesoreria, non cancellò i debiti degli abitanti del villaggio né quelli del Comune. Così tutti continuarono a rimanere immersi nei debiti. Vedendo il proprio disavanzo sul punto di essere declassato e preso alla gola dai tassi d’interesse, il Comune chiese l’aiuto dei villaggi vicini, ma questi risposero che anche volendo non avrebbero potuto aiutarlo in nessun modo, poiché avevano vissuto la medesima disgrazia.
Su consiglio disinteressato del banchiere, tutti decisero di tagliare le spese: meno soldi per le scuole, per i servizi sociali, per le strade, per l’ambiente, per la sanità. Venne innalzata l’età di pensionamento e vennero licenziati tanti dipendenti pubblici, si abbassarono i salari e al contempo le tasse furono aumentate. Atti inevitabili, dicevano, promettendo di moralizzare questo scandaloso commercio di asini. Il banchiere e i due truffatori si stabilirono in una lontana isola felice, e promisero di fare i benefattori, finanziando la campagna elettorale del sindaco uscente.
Questa storiella sta girando su internet, valeva la pena postarla anche qui e rileggerla insieme.
Sono certo che chi l'ha scritta abbia scelto l'asino come protagonista passivo della storia perché, nonostante la fama, è un animale molto intelligente e sensibile.
giovedì 15 dicembre 2011
Momento di evasione
Si fa un gran parlare negli ultimi tempi (giustamente) dell'importanza di contrastare quel fenomeno drammaticamente imponente, tipicamente italiano, che è l'evasione fiscale e delle modalità con le quali attuare un valido contrasto.
Si sente dire spesso che la soluzione potrebbe essere "il modello americano" - che, premetto, non conosco quasi per nulla - che prevederebbe, da quanto ho capito, che i cittadini, lavoratori autonomi o dipendenti che siano, possano detrarre dal reddito imponibile praticamente quasi tutte le spese sostenute. In tal modo, si dice, il consumatore è invogliato (?!) a farsi fare la fattura dal venditore perché così può, in sostanza, alla fine pagare meno tasse perché il reddito imponibile verrebbe diminuito dalle spese sostenute.
Premesso appunto che non so quanto di questo corrisponda effettivamente al vero e premesso che all'università, nel mio personalissimo piano di studi del Corso di Laurea di Economia e Commercio, non ho nemmeno inserito uno degli esami canonici quale è Scienze delle Finanze, che di questo tratta, ho la sensazione che la cosa che dovremmo copiare dagli americani (e non solo da loro) è che l'evasione fiscale debba essere considerata da tutti, singoli cittadini e amministrazione pubblica, come un crimine al pari - quasi - dell'omicidio e di tanti altri molto gravi.
Pare che non se ne sia reso conto nessuno, e questo è il problema, ma il sistema fiscale americano, o il presunto tale, è un sistema che forse risolverà pure il problema dell'evasione ma ne crea a priori uno molto più grosso che è la causa della crisi che sta affliggendo il pianeta. Tale meccanismo fiscale porta infatti a un aumento dei consumi attraverso l'acquisto del futile: siccome - purtroppo - il concetto di pagare le tasse non piace a nessuno a prescindere, soprattutto nei Paesi in cui il ritorno in termini di servizi alla comunità è scadente in proporzione a quanto incassato dalla Stato, il consumatore, davanti alla possibilità di pagare meno tasse scaricandosi una spesa sostenuta nell'immediato ("meglio un uovo oggi che una gallina domani"), è portato ad acquistare quella determinata cosa anche se non ne ha effettivamente bisogno. Tipico, e già in voga da tempo, l'esempio nostrano del professionista che cambia la macchina ogni tre anni, quando scade il leasing, anche se la macchina in se potrebbe girare per altri 10 anni.
E infatti, gli statunitensi sono un popolo stra-indebitato perché, pur di acquistare (e detrarre), sono disposti a comprare anche a debito, cioè senza avere effettivamente i soldi per farlo.
Dunque, alla fine della fiera, non mi sembra un modello amministrativo da imitare, ne tanto meno risolutivo rispetto ai tanti problemi che abbiamo riguardo alla gestione delle risorse di questo pianeta, la cui propensione all'evasione fiscale dei cittadini dei paesi meno lungimiranti e, letteralmente, più parassitari è solo un minimo aspetto.
Se fossimo delle persone e delle comunità avvedute (come qualcuna in giro per il mondo è) avremmo addirittura piacere a pagare le tasse (utilizzando poi bene le risorse che ne deriverebbero) perché esse costituiscono il contributo che si da alla vita della comunità stessa e quindi del singolo. In un sistema fiscale equo e ben funzionante - questo dovrebbe essere l'obiettivo -, le imposte non sono un dazio: sono un'opportunità.
Immaginare di potersi affrancare dalla corresponsione di una parte del proprio contributo alla vita comunitaria facendo leva su un sistema di prelievo del medesimo che incentiva un consumo inutile delle risorse (limitate) su cui la comunità stessa può fare affidamento per la sua sopravvivenza, non mi sembra, a naso, un metodo opportuno e, men che mai, risolutivo di un qualcosa.
Si può fare senza dubbio di meglio. Come ad esempio iniziare a rendersi conto che sia all'uovo di oggi che alla gallina di domani stiamo qui a pensarci con la pancia piena, e che ciò non è per nulla scontato.
Tutto il resto verrà per conseguenza.
martedì 27 settembre 2011
Vivere a debito
E' ufficiale: anche quest'anno abbiamo raggiunto con largo anticipo l'Earth Overshoot Day, ovvero il giorno in cui abbiamo consumato tutte le risorse che la Terra riesce a generare in un anno.
E' accaduto ieri, 27 settembre, e da oggi stiamo vivendo a debito, il che, trattandosi delle risorse naturali del piccolo pianeta che ci ospita, non è che sia proprio un'ottima notizia.
Siamo arrivati a ciò in soli 9 mesi e, alla fine della fiera, nel 2011 avremo consumato il 135% delle risorse naturali planetarie.
Una buona notizia a riguardo, su cui però c'è poco che da gongolarsi, è il fatto che, rispetto allo scorso anno, siamo riusciti ad allungare di un mese la scadenza di questo tragico obiettivo. Sarà per via della crisi economica planetaria che, volenti o nolenti, ha portato a una riduzione dei consumi degli abitanti dei paesi più sviluppati?
Se così fosse, e la cosa non mi sembra così tanto campata in aria, sarebbe la dimostrazione concreta che nel problema è insita già la soluzione: i capi di governo delle economie più industrializzate non perdono occasione di affermare che è necessario "far ripartire la crescita". Ma nulla cresce all'infinito, nemmeno le economie pompate del mondo "occidentale".
La grande sfida del futuro e, prima ancora, del presente, sarà quella di consumare tutti meno e, al contempo, lavorare per una ottimizzazione dell'uso delle risorse, in qualsiasi campo o settore economico.
"Economia" letteralmente significa "la capacità di gestire le risorse della propria casa". Quello che è stato fatto fino ad adesso è "Sperpero", non economia. Non a caso, la crisi che stiamo vivendo viene rappresentata dai media come crisi innanzitutto economica, una crisi dovuta anche e soprattutto allo stile di vita a debito (finanziario) del cittadino occidentale medio. E' arrivato il momento di cominciare a mettere in pratica i principi di questa disciplina sacra e fondamentale che non si apprende solamente al cospetto di cattedre universitarie, anzi, e i cui valori, invece, dovrebbero essere attinti dalla antica sapienza di quelli che ci hanno anticipato. E' più semplice a dirsi che a farsi e le questioni, in un mondo interconesso come il nostro, sono tante (penso ad esempio, ma non solo, al problema della sovrapopolazione) ma tutto parte dal necessario e auspicabile desiderio di ognuno di porsi l'obiettivo di lasciare al suo passaggio un'impronta che il sia il meno profonda possibile.
Altrimenti il tasso di interesse da pagare sarà davvero molto alto.
venerdì 2 settembre 2011
La crisi e la nostra generazione
La cosa più sensazionale, più utopistica e allo stesso tempo profondamente reale e quindi realizzabile, che ho sentito dire negli ultimi 3 anni (e anche di più) l'ha pronunciata il ragazzo, più giovane di me ma senza dubbio della mia generazione, che compare con il suo intervento alla fine del video, trailer del documentario di Ermanno Olmi "Terra Madre".
Un pensiero che sento anche mio da tanto tempo - rispetto al quale sono operativo ormai da anni - e che, sentito dire da un altro così giovane, riempie veramente il cuore di speranza, di gioia, di entusiasmo, di vita.
"Saremo la generazione che riconcilierà il genere umano con la Terra".
Siamo già in due ad affermarlo (ma in realtà molti molti di più, per fortuna, anche della generazione precedente) e siamo già operativi. Il processo è già avviato. Ogni altro che si aggiungerà sarà un ulteriore mattoncino per le fondamenta di una nuova Era.
Le tre crisi che incombono sul mondo - quella finanziaria, quella ambientale e quella alimentare - sono effetto della stessa causa, l'allontanamento dell'uomo dai cicli naturali, e, al contempo, straordinaria opportunità per costruire un nuovo mondo, a partire da se stessi, che si riappacifichi con Madre Terra.
C'è solo da prenderne consapevolezza, rimboccarsi le maniche e darsi da fare.
Un frutto deve putrefarsi per rilasciare il seme che entra nella terra, producendo una nuova vita. Così la natura stessa ci insegna che proprio dal culmine del negativo nasce l'inizio del positivo.
lunedì 23 agosto 2010
Overshoot (ovvero: "del passo più lungo della gamba")
Come ogni anno, Beppe Grillo ci segnala dal suo blog l'Earth Overshoot Day, a sua volta calcolato dal Global Footprint Network, il cui Presidente è stato intervistato dallo staff di Grillo per l'occasione.
Quest'anno l'Earth Overshoot Day (cioè il giorno dell'anno in cui superiamo la capacità di rigenerazione delle sue risorse da parte della Terra) è caduto un mese (abbondante) prima dell'anno scorso: il 21 agosto. Ciò sta a significare che da quel giorno fino a fine anno "vivremo a debito" nei confronti del nostro Pianeta.
Se non sbaglio, se continua questo trend, tra nove anni inizieremo l'anno avendo consumato già tutte le risorse che la Terra sarebbe stata in grado di generare nel corso di quell'anno!
Nell'intervista, il Presidente del Global Footprint Network, riferendosi ai rimedi da attuare a questo sovrasfruttamento ambientale, dice: "Ciò che mi sorprende maggiormente è il fatto che i Paesi non hanno ancora preso consapevolezza di quanto tutto ciò li interessi. Se non si adattano oggi le economie dei Paesi alla scarsità di risorse che si prospetta all'orizzonte, i Paesi non saranno pronti.
Non c'è bisogno di un accordo internazionale per preparare il proprio Paese".
Data la mancanza di tempo sufficiente per una radicale inversione di rotta, partendo da queste parole mi viene da osservare: "Ciò che mi sorprende maggiormente è il fatto che le persone non hanno ancora preso consapevolezza di quanto tutto ciò le interessi. Se non adattiamo oggi le economie familiari, le scelte di consumo quotidiano di ognuno, alla scarsità di risorse che si prospetta all'orizzonte, le persone non saranno pronte e i Paesi non saranno pronti.
Non c'è bisogno di una legge nazionale o di un accordo internazionale per modificare radicalmente, qui e adesso, le proprie abitudini (preparando, quindi, il proprio Paese).
lunedì 21 giugno 2010
Necessità
Rapportiamo i 30 secondi del video con i secondi che compongono i 60 giorni trascorsi dal momento dell'incidente avvenuto nel Golfo del Messico (e per tutti quelli che ancora trascorreranno...). Fatto? Bene.
Proviamo ora, per avere un'idea più chiara, a quantificare quante bottiglie da un litro e mezzo siano 85 milioni di litri, quelli persi, più o meno, fino ad adesso. Fatto?
Pensiamo adesso a tutte le volte che abbiamo lasciato una lampadina inutilmente accesa; abbiamo preso la macchina per spostarci quando avremmo potuto farne a meno, andando a piedi; abbiamo comprato frutta e verdura non di stagione provenienti da Paesi dall'altra parte del mondo; abbiamo bevuto acqua in bottiglia quando quella che sgorgava dal nostro rubinetto era ottima. A quando abbiamo provato gusto nello spingere il piede sull'accelleratore oltre quello che era realmente necessario e anche a tutte le volte che abbiamo seguito un Gran Premio in tv senza chiederci se la sua esistenza fosse davvero necessaria. A quando abbiamo provato la stupenda sensazione di stare in magliettina dentro casa, con il riscaldamento impostato a 24°, mentre fuori c'era la neve; e a quelle prime giornate di caldo primaverile di maggio quando, con circa 24° all'esterno, ci siamo chiusi in macchina, coi finestrini chiusi, mantenuti belli freschi dall'aria condizionata.
Domanda: quello che sta avvenendo, è davvero solo responsabilità dell'azienda che si occupa della trivellazione?
venerdì 19 marzo 2010
Questione di obiettivi
Mi è capitato sottomano qualche giorno fa un breve articolo che riporto integralmente perché lo ritengo interessante e quantomai di attualità. Lo ha scritto un formatore, Mario Furlan.
"C'è sempre un prezzo da pagare per raggiungere un risultato. Un prezzo fatto di impegno, fatica, sudore, determinazione, forza di volontà. Quanto più è grande l'obiettivo, tanto più dovrai sgobbare. Nessuno è arrivato al successo a passo strascicato, bighellonando per la strada. Come non ti rafforzi facendo fare le flessioni a un altro, così non puoi tagliare il traguardo senza correre. Per questo è importante che l'obiettivo sia davvero motivante. Se lo è, lavorare sodo non ti peserà. Sarai felice di alzarti presto e andare a letto tardi la sera. Perché ne vale la pena. e anche il sudore ti sembrerà dolce."
Il nocciolo della questione, quindi, è la scelta dell'obiettivo.
Spesso, benché desideriamo realizzare grandi cose, non ci impegnamo abbastanza per raggiungere gli obiettivi perché non ci va di faticare più di tanto. Così, la nostra vita non cambia, e il mondo non cambia.
Nella profondità del nostro essere tutti noi desideriamo maggior benessere (che non significa ricchezza) per tutti, migliore qualità della vita, relazioni più autentiche, più attenzione al prossimo, rispetto dell'ambiente, la pace tra i popoli, la libertà di ogni singolo individuo. Alla luce di ciò, il nostro obiettivo dovrebbe essere, quindi, quello di creare valore per la propria comunità (e quindi anche per se stessi) sostenendo questi valori universali con ogni nostra singola azione. Ma questo si scontra continuamente con il comandamento imperante della nostra cultura di guardare innanzitutto al proprio guadagno personale, alla propria comodità, e la conseguenza è che deleghiamo il lavoro da farsi agli altri. E nulla cambia.
Pace, Libertà, Educazione, Rispetto, Amore...
Diamoci grandi Obiettivi! Partiamo però innanzitutto da noi stessi e aspettiamoci di dover affrontare grandissime prove.
Ma anche di ottenere grandi risultati e di provare un'enorme soddisfazione.
[nella foto: Angelo D'Arrigo e una delle sue aquile]
giovedì 25 febbraio 2010
Evoluzione inefficiente
Su La Repubblica di oggi è uscito un articolo a proposito di uno studio che si occuperebbe della presunta evoluzione sbagliata dell'uomo o, quantomeno, inefficiente di alcune delle sue caratteristiche biologiche che, appunto, risultano essere un ostacolo, un "bastone tra le ruote", rispetto al modo di vivere odierno, alla modernità.
Vi si citano alcune situazioni come il tipo di metabolismo che abbiamo, sviluppato dai nostri progenitori cacciatori, che remerebbe controcorrente per un obeso di oggi che stesse cercando di perdere chili. Oppure del sistema immunitario irrequieto che, non dovendo più difendere l'organismo nella sua selvaggia vita nei boschi, nel nostro mondo di igiene eccessivo, non sapendo con quali batteri prendersela attacca senza motivo gli organi stessi del nostro corpo, generando le fantomatiche malattie autoimmuni. O anche, un sistema cardiovascolare che mette in serio pericolo se stesso (e chi lo ospita) reagendo eccessivamente all'ansia e allo stress quotidiano della nostra vita, essendo stato calibrato con improvvisi aumenti di pressione e di battito cardiaco, necessari a consentire la fuga repentina da una fiera affamata della foresta o qualche altro pericolo incombente.
Accostare il termine evoluzione con inefficienza (o con sbagliato) significa creare il più grande ossimoro della storia del pianeta. Per due semplici motivi:
1) l'Evoluzione, in poche parole, è il processo - in essere da quando la Vita è apparsa - di adattamento continuo alle condizioni ambientali a cui tutti gli organismi sono soggetti e che li porta ad essere sempre più "adeguati" rispetto al proprio habitat, cioè più efficienti;
2) si tratta appunto di un processo, quindi di un divenire, e non ha senso giudicarla staticamente con un aggettivo che non tiene conto dello scorrere (seppur lentissimo) degli eventi. Sarebbe come dire che, ad esempio, "un fiume è perfetto"
In attesa di lasciare il posto su questa Terra a uomini con il testone enorme e le gambe e le braccia atrofizzate (con un pollice e un indice però ipersviluppati per essere velocissimi nel mandare sms e clickare sul mouse); con apparati digerenti che siano in grado di smaltire più efficacemente le migliaia di calorie in eccesso che ingurgitiamo ogni giorno; con polmoni che ottimizzino l'assunzione di smog e polveri sottili (nonché le conseguenze del fumo di sigaretta); ci auguriamo tutti che, nel frattempo, magari qualcuno scriva due righe in più sull'assurdità dell'attuale modo di vivere. La cosiddetta modernità.
domenica 14 febbraio 2010
Dominio dell'uomo?
Qualche giorno fa, in una delle rare occasioni in cui ho acceso la tv negli ultimi tempi, per l'ennesima volta ho sentito accennare, da quello che è uno dei massimi divulgatori scientifici italiani, sulla prima rete nazionale, in prima serata, qualcosa a proposito del dominio della specie umana sul pianeta.
Non ci siamo proprio.
Non è possibile che un tale messaggio continui ad essere diffuso, per di più sulla rete pubblica, che tutti finanziamo con le nostre tasche, e da persone che hanno un gran seguito.
E' un messaggio non corretto che alimenta ulteriormente quel circolo vizioso in cui la nostra cultura devastatrice continua a stare, per una comodità che sta cominciando a far emergere i suoi costi.
Continuiamo a ritenerci i dominatori del mondo, invece di ragionare in termini di coesistenza con gli altri abitanti del pianeta, e andremo veramente lontano!
Certo, se consideriamo il significato negativo del concetto di dominio in effetti è così: deprediamo, distruggiamo, alteriamo tutto quanto ci circonda solo per dar sfogo al desiderio di asservire tutto alle nostre esigenze.
Inoltre, se andiamo effettivamente a vedere non siamo ne la specie dominante ne tantomeno, come spesso ulteriormente ci raccontiamo, la più evoluta.
Ragionando sotto quest'ultimo aspetto basti considerare che se rapportiamo l'età della Terra dalla sua origine ad oggi alle ultime 24 ore, i primi ominidi comparvero 30 secondi fa e le civiltà che per convenzione abbiamo individuato come inizio della Storia, un decimo di secondo fa.... Non si può parlare di un essere più evoluto di un altro perché ognuno ha il suo percorso evolutivo e siamo tutti sullo stesso piano. Inoltre, se considerassimo solo il fattore tempo, gli insetti o, ad esempio, le piante sarebbero organismi molto più evoluti del genere umano perché presenti sulla Terra da più tempo (queste ultime, ad esempio, in rapporto alla scala temporale di 24 h citata, avrebbero conquistato la terra ferma circa 2 ore fa).
Per quanto riguarda il presunto dominio poi: qualcuno si è mai perso in un bosco al calare della notte? E ha mai avuto la fortuna di sentire in quel frangente quali sensazioni si provano nell'ascoltare l'ululato di un lupo in lontananza? Ha mai attraversato il deserto a piedi? E l'Antartide?
A guardar bene un semplicissimo atlante geografico si nota che la distribuzione degli insediamenti umani è tutta in una fascia particolare e che ci sono quindi dei luoghi, anche sul nostro piccolo pianeta, in cui l'uomo non vive perché li... non riesce a sopravvivere. Sia per questioni climatiche sia per questioni legate alle sue capacità e caratteristiche (nessuno di noi è mai riuscito solamente a raggiungere gli abissi marini, ad esempio. Pochi le più alte vette della Terra). Altro che dominio! Abbiamo "scoperto" la socialità, il cui culmine è stato raggiunto con le megalopoli odierne, proprio perchè individualmente eravamo (siamo) molto meno in grado di far fronte a tutte le nostre necessità per la sopravvivenza.
Il concetto di dominanza è legato a un punto di vista antropomorfo, che è proprio quello che dovremmo cambiare, e velocemente, se non vogliamo sparire dal pianeta prima del tempo.
Dobbiamo iniziare (tornare) a ragionare come facevano i nativi di ogni parte del mondo, che fossero i Pellerossa del continente americano o i Sami della Scandinavia o gli abitanti delle isole della Polinesia: noi siamo parte del Tutto e dobbiamo sentirne l'appartenenza ad esso e sostenerla, non dominarlo. Non ce n'è bisogno di dominarlo il mondo: lo dimostrano, fin qui, i fatti.
mercoledì 14 ottobre 2009
Crisi: "pericolo" e "opportunità" (in cinese)
Per l'"economia del denaro" è suonata la campanella dell'ultimo giro.
Per la verità, suona già da un po' - dal 2000 almeno, anno in cui, dopo decenni di crescita ininterrotta, c'è stato il picco dei mercati finanziari - ma le sirene tentatrici della logica del profitto ad ogni costo, di cui le nostre orecchie sono invase, ne copriva i rintocchi. Fino ad adesso però.
La crisi economica attuale che non a caso si manifesta inizialmente come crisi finanziaria, è la dimostrazione che il capitalismo (e, con lui, il consumismo e il produttivismo) ha i giorni contati.
Da oggi (vale da sempre ma solo ora cominciamo ad esserne realmente consapevoli) ogni volta che sceglieremo in base al nostro interesse privato piuttosto che a quello della comunità, ogni volta che tenderemo a massimizzare i guadagni (del singolo) invece che minimizzare le perdite (del Pianeta e quindi anche della nostra civiltà), ogni volta che decideremo di se compiere un'azione o meno in base esclusivamente al tornaconto economico personale, alimenteremo, con una sorta di "accanimento terapeutico" inutile, un sistema di valori (o presunti tali) in agonia, a sua volta parte di un eco-sistema sull'orlo di un collasso, che invece non ci possiamo permettere. Anche quest'anno l'Ecological Debt Day (il giorno entro il quale l'umanità ha consumato tutte le risorse che la Terra riesce a generare in un anno) è caduto il 25 settembre. Mentre scrivo siamo arrivati al consumo del 104% delle risorse annuali del nostro pianeta e, per fine anno, saremo intorno probabilmente al 140%.
Il futuro è decrescita, è rallentare, è solidarietà, collaborazione, ben-essere, equità nella distribuzione della ricchezza, attenzione alle dinamiche sociali nel locale, autoproduzione energetica e alimentare, riduzione della mobilità inutile, bassi consumi, poca produzione.
Risparmio, Riduzione, Recupero, Riuso.
Nulla di tutto questo ha a che fare con la necessità di accumulare denaro come obiettivo della propria vita.
Uno strumento obsoleto, inventato per gli uomini e al quale, nel tempo, gli uomini hanno votato la propria esistenza, che tornerà ad essere solo un mezzo (chissà, forse utile ancora in alcuni frangenti) e non più un fine.
Diceva H.D. Thoureu che: "ognuno è ricco in proporzione alle cose di cui può fare a meno".
Siamo tutti ricchi, ma finora abbiamo creduto di esserlo rispetto alla cosa sbagliata.
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