giovedì 26 novembre 2015
Radicalmente
L'Anno Internazionale dei Suoli non poteva concludersi se non con una importante causa messa.
Così, armi e bagagli in mano, ho attraversato mezza Italia, per incontrare due persone che hanno deciso, trenta anni fa, di occuparsi di agricoltura biologica, nel senso letterale del termine (non di quello dei banchi del supermercato, per intenderci).
Gigi e Cristina - contadini veri oltre tutti gli stereotipi, ai quali, se proprio non possiamo almeno nominarli Cavalieri del Lavoro (o della Vita, in questo caso), andrebbe comunque il profondo ringraziamento di tutti noi - muovendosi su elementi di puro buon senso e sulla base della naturalità delle cose, validati poi da solidi parametri scientifici registrati, negli anni sono riusciti a definire un vero e proprio Metodo agronomico a favore dello sviluppo della fertilità naturale del terreno, che produce risultati notevoli e tangibili, per non dire straordinari dato che la Natura, se lasciata agire, è sempre straordinaria nell'essere ordinariamente se stessa.
La produzione di cibo di buona qualità, per tutti, è la vera sfida che si pone innanzi all'Uomo per il futuro immediato. Da domani, non oltre.
Sebbene le statistiche leggano il passato e non il futuro, in un contesto in cui le più grandi e popolose nazioni del mondo si accaparrano quotidianamente terreni in ogni angolo del pianeta per garantirsi sovranità alimentare futura e in cui la popolazione mondiale è data in ulteriore decisa crescita nei prossimi anni e sempre più assiepata nelle grandi città, produrre buon cibo con un'alta produttività delle rese, ottenerne un prezzo congruo che consenta di viverne con l'eventuale vendita e tramandare terreni agricoli che siano almeno nelle medesime condizioni di come li abbiamo ereditati da chi ci ha preceduto, è quello che la gran parte di noi dovrebbe desiderare e, meglio ancora, a cui tornare a dedicarsi.
Se osserviamo un ambiente naturale, come un bosco o una foresta, la vegetazione spontanea ci apparirà più rigogliosa di quella coltivata nei campi.
Eppure - è confermato da dati scientifici incontrovertibili e prima ancora, dall'evidenza - è possibile riprodurre nei terreni coltivati - senza chissà quali sforzi sovraumani (e non è questo un aspetto secondario) - i processi che avvengono spontaneamente negli ambienti naturali, attenendosi rigorosamente a principi come la non concimazione, il rispetto della quiete del terreno e delle sue stratificazioni, l'attenzione alle piante complementari (per i nemici: "infestanti"), il non interramento di sostanza organica e l'arieggiamento profondo del terreno, favorendo così lo sviluppo indefinito della biodiversità microbiologica del suolo, nella cosiddetta rizosfera , che, se non è chiaro, è il luogo sulla Terra dove avviene effettivamente la trasformazione tra inorganico e organico, dove dal non vivente si genera la Vita...
E' finita l'era del Macro, del guardar fuori, delle esplorazioni, del puntare alle stelle. Inizia quella del Micro, del ritorno a noi stessi, del guardare i nostri piedi, del prendersi cura delle radici e dei microrganismi che a queste si legano e della terra su cui camminiamo.
Back to the Nature 2.0: si comincia!
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