venerdì 28 luglio 2017
Migliori?
Campo estivo Natura & Inglese - Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise - 16-23.07.2017
L'ho affermato per la prima volta il penultimo giorno, davanti agli sguardi increduli delle colleghe Roberta ed Elisabetta, e anche i vostri.
Il concetto vi è piaciuto subito e l'avete fatto vostro, fino a ripeterlo poi continuamente, le ultime ore che siamo stati insieme.
Non era una provocazione, l'ho pensato davvero.
Così come non scherzavo quando ho detto, in ragione di questo, che vi avrei voluto di nuovo tutti insieme ad un prossimo turno di campo.
Il tono forse, si, era scherzoso (ma ho e abbiamo scherzato per tutta la settimana, no?), soprattutto all'inizio. In fondo, un po' ...ero incredulo pure io.
Ma era la verità.
Siete stati, dunque, il miglior gruppo avuto finora?
Mah... Riflettiamoci: che senso ha dirlo?
Non si possono stilare queste classifiche. Ogni gruppo è unico; ognuno di voi è unico. E con ogni gruppo si creano situazioni e legami particolari, uniche, non comparabili.
Lo volete sapere per essere rassicurati?
Siete stati voi stessi.
Quindi, si, la miglior cosa questa che potessimo avere.
E anche se ci siamo scontrati, reciprocamente anche arrabbiati, ci siamo studiati, non ci siamo capiti, ci siamo difesi, non dobbiamo dimenticare che, prima di tutto: ci siamo incontrati.
La qual cosa, su un pianeta grande come il nostro (o semplicemente: la nostra nazione, dato che venivamo da tutti i capi della penisola), con sette miliardi di abitanti e qualche decina di anni di età di differenza tanto da far parte di due generazioni diverse, è il caso di considerarlo prodigioso, no? Ciò va tenuto in conto e onorato.
Ce lo stiamo dicendo ora, qui, ma il groppo in gola che a tutti ci è venuto al momento dei saluti abbracciandoci per la prima e ultima volta (per ora, chissà) - ...qualcuno lo maschera molto bene (io per primo) - è la manifestazione della consapevolezza condivisa che qualcosa di grande, di importante, si è realizzato.
Da giorni, da quando sono rientrato, sento i vostri pensieri.
Vi mancano le nostre giornate, le vostre nuove amicizie (chissà cosa vi state scrivendo sul gruppo whatsapp?!?), le nostre piccole grandi avventure. Vi manchiamo anche noi.
Beh... ci mancate anche voi.
Le vostre schiocchezze; i tormentoni (quanto pa' cul'oio vi siete mangiati, al rientro?? E... Bucio, dov'è?? ...ahahahah!! Rido anche adesso, a scriverlo); gli eccessi; le vostre (di qualcuno) mancanze di rispetto e maleducazione (eh, si) ma anche, di contro, l'autenticità e la schiettezza.
Simone era venuto "per passare il tempo" - parole sue di presentazione di se stesso il primo giorno, ricorderete - e alla fine avete legato tutti tantissimo, lui per primo. Forse - questo si - uno dei gruppi alla fine più omogenei in assoluto.
Il gioioso ritorno, per tutti noi, di Riccardo, l'ultimo giorno, la prima volta che mi capita, dopo essere stati io e lui in ospedale fino a mezzanotte passata a metà settimana (e abbiamo fatto pure questa!) ed essere stato lui l'indomani portato a Roma per accertamenti dalla famiglia, è stato il sigillo finale a questa esperienza.
Parole dure ma vere sono gentili, per il Cuore; parole gentili ma vacue, vuote, sono malefiche, false.
Non mi sono tirato indietro. Ho affondato senza timore la spada della Verità quando è stato necessario, più di una volta, e, come è naturale, avete compreso al di là della forma. Altrimenti non mi avreste scritto sulla cartolina finale che sono "simpaticissimo, comprensivo e giusto" (di nuovo), "paziente", che sono stato "un grande capo", che vi ho "aiutato nei momenti difficili". E "spero di rincontrarti".
No, non l'avreste fatto, se non fosse stato quello che realmente sentite. Non siete i tipi.
Abbiamo corso insieme una maratona e, nel contempo, una gara di velocità. Qualcosa del tipo dei 110 metri a ostacoli.
Ciò è un campo estivo. Per tutti. Una maratona è sempre una maratona, anche per il campione olimpico di specialità. Una gara di velocità richiede di tirar fuori esplosività anche all'uomo più veloce del mondo.
Una settimana che richiede l'uso sapiente delle proprie energie e risorse, per non scoppiare, ma in cui, nel contempo, devi dare tutto in pochissimo tempo. Adrenalina e resistenza. Un binomio incredibile, quasi un ossimoro.
Una piccola grande impresa, insomma. Comprendete?
Soprattutto se chi lo conduce, come noi sempre facciamo ormai da anni, si impone (senza imporlo a voi - e questo è il bello e la sua forza - come avete verificato, vero?) di non usare l'espediente di un "banale" pallone. Di ignorare il ping pong e il calcio balilla nella stanza di sotto (pensavate facessimo i tornei e, alla fine, non ci avete giocato nemmeno per dieci minuti dieci). Di vivere questi giorni come se i cellulari non esistessero. Di sforzarsi di proporvi altro, qualcosa che non avete la possibilità di vivere in altri contesti.
Avete avuto la possibilità, la libertà, di esprimervi, e a volte lo avete fatto anche in modi non consoni al comune vivere civile.
Mettendo alla prova la nostra stabilità. Scegliere di lasciarvi esprimere o garantire il "bon-ton" di certe situazioni.
Avete più di una volta superato il limite e, come è ovvio, noi non potevamo stare a guardare senza mai intervenire. Perché il mondo è vostro, magari non del tutto oggi ma domani, senza dubbio, lo sarà.
E il mondo di domani è quello che costruiamo oggi, con le nostre parole e le nostre azioni (e i pensieri che lavorano "dietro le quinte").
Possiamo sempre scegliere di non perseverare nelle nostre tendenze, che ci portano fuori strada. Di non seguire il gregge, e le sue.
Siamo in grado di trasformare tutto, in un istante. Siamo Esseri Umani proprio per questo e in questo. Non siamo migliori di qualcuno o di qualche cosa: siamo innatamente in grado di manifestare Altro, indipendentemente dal nostro punto di partenza. Per noi stessi.
Non ha senso, non serve, ambire a essere migliori di. Scegliamo, invece, di non essere inutilmente brutali, nei rapporti umani (che, come avete verificato, non significa non essere severi, quando serve. La vera compassione è dolcezza ma anche severità). Nei rapporti con tutti gli esseri viventi.
Scegliamo di non perseguire l'Inferiore a scapito del Superiore, ché il pianeta sta così proprio per questo motivo. (Ricordate, ad esempio, la questione della mancia che volevate lasciare al cameriere e che, infatti, non ha accettato con pure un accenno di arrabbiatura di fronte alla vostra insistenza? Ricordate quello che vi avevo detto a riguardo? "Attenzione! ...state facendo - ricopiando pedissequamente ciò che avete visto fare ad altri in altri contesti - un'offerta (per giunta in denaro, che non arriva dalle vostre proprie tasche) a una persona che incontrate si e no un'ora al giorno e non avete pensato a fare un dono - ad esempio: semplicemente dando attenzione quando vi si chiede di farlo, senza dovervi richiamare più volte - a chi si prende cura di voi per 24 ore al giorno come figli. Voi, figli degli altri.
Attenzione. ...state mettendo le cause per un mondo di domani non equo...
E se ereditate oggi un mondo non equo, non giusto, chiedetevi perché siamo giunti a questo. Quali sono le cause da trasformare, anche se non le avete messe voi").
Non pensiamo a essere migliori. Scegliamo di onorare gli incontri che abbiamo, le esperienze che viviamo. Attraverso una sincera e reale gratitudine. La Gioia nel viverseli pienamente. La comprensione e il rispetto dell'altro. Del contesto.
Riduciamo le distanze che naturalmente ci sono tra le vite di noi singoli individui. Non sprechiamo inutilmente tempo ed energie. Non ne abbiamo di infiniti a disposizione...
Anche avendo dodici anni, qualcuno non lontano nel tempo e nello spazio, ha cambiato il destino della propria comunità: non createvi questo alibi a priori. Lo ha fatto magari semplicemente evitando di uccidere un ragno, anche se gli "faceva schifo". O di ripetere "che schifo" di fronte a qualcosa che, semplicemente, non gli piaceva. Mettendosi in gioco. Questa è la Storia, anche se nessuno ve lo dice e vi impongono di impararla da noiosissimi libri.
Detto ciò, concludo. Come si conclude la stagione dei campi di quest'anno.
E' stato l'ultimo e non avremo ora altri ragazzi che "vi sostituiranno", nei prossimi giorni. Avremo modo di far sedimentare ancora per un po' tutto quello per cui, anche e soprattutto questa volta, ne è valsa la pena. Siete riusciti a farmi ridere anche mentre vi stavo redarguendo... Facendomi pensare alle mie ragazzate di un tempo. ...che altro posso aggiungere?!? :-D
Sarei dunque davvero felice di riavervi tutti insieme, ma proprio tutti, in un prossimo turno di campo, l'anno venturo. Non scherzavo, quando l'ho detto, non scherzo ora. Che forza, sarebbe! (...tipo un film, ..."Amici miei. Atto secondo"...)
La gran parte dei vostri genitori, quando vi sono venuti a riprendere, che non sanno nulla o quasi di quanto accaduto durante le nostre giornate, che hanno sentito solo la vostra voce (molto poco, e a centinaia di chilometri di distanza in alcuni casi, perché non volevate perder tempo a raccontare, tanto eravate immersi in quello che stavate facendo, un segnale importante per loro) ci hanno chiesto la stessa cosa...
Perciò...Grazie per essere stati con noi!
Di nuovo un abbraccio a tutti voi: Sara, Ilaria, Elena, Anna e Aurora, Camilla, Silvia, Simone "Sam", Simone "Simo", Simone "col ciuffo", Simone "Capellone", Giuseppe "Bucio", Pierpaolo "Pier", Paolo, Riccardo D., Riccardo P., Federico "Frata" e il piccolo Federico "Cicca".
E grazie per aver condiviso questa esperienza, stringendo insieme i denti nella consapevolezza che si vince all'ultimo istante, a Elisabetta, con la quale lavoravo per la prima volta, e a Roberta, con la quale ormai basta uno sguardo per comprendere e condividere il da farsi, in ogni situazione.
giovedì 13 luglio 2017
Decisi e Giusti (siatelo!)
Campo estivo WWF - Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise - 01-08.07.2017
"Fate questo per professione?"
"Beh, si..."
"E come si denomina questa vostra professione?"
"Noi siamo Guide Ambientali Escursionistiche"
"Ah. ...ma... per quello che fate, è riduttivo definirvi Guide! Almeno per come è comunemente intesa la figura della Guida, rispetto al mero accompagnamento di persone in un luogo"
Eh, già. Che interessante, e importante, considerazione. Pari pari a quella che mi ronza in testa da un po'.
Con queste parole del papà di B., con cui ci siamo fermati a scambiare due chiacchiere al momento del ritiro della figlia, si è concluso il campo estivo della scorsa settimana (e anche l'anno intercorso tra questa e la corrispondente settimana del 2016; a sua volta, riflettendo, più o meno coincidente col mio quarantesimo anno di vita).
...Le categorizzazioni e le categorie servono a chi si sente sicuro in un recinto - ai cavalli da maneggio, ai leoni da zoo - anche e soprattutto perché da queste allo scadimento negli stereotipi (e noi italiani siamo maestri in ciò) il passo è breve.
Dunque: guardate oltre, ragazzi, non fermatevi alle definizioni date. Createle!
E' stato un anno intenso.
Un anno, ancora una volta, di grandi soddisfazioni, di grandi realizzazioni, ma anche un anno di svelamenti e di conseguenti grandi lezioni esistenziali apprese. Un anno in cui non sono mancati, anche profondi dubbi, incertezze. Turbolenze durante il Volo.
In cui si è appalesato anche qualche passo falso fatto.
Gli eventi, gli incontri, le situazioni della vita sempre ti mettono nella condizione di doverti confrontare con Te stesso. Qualche volta, di più. E non sempre hai subito la risposta pronta. Devi prima trovarla.
Una mente retta non è una mente perfetta, dice il Saggio.
Non ho mai ambito alla perfezione, malgrado in molti, negli anni, in preda probabilmente a irrisolti complessi di inferiorità, si siano riempiti la bocca di tale giudizio nei miei confronti.
Alla perfezione no, ma alla rettitudine si.
D'altronde, ...a cos'altro ha senso dedicare la propria vita per potersi serenamente guardare allo specchio, quando arriverà la fine dei propri giorni?
Era importante ripartire da qui. Questa settimana, stesso luogo, un anno dopo.
E che bello, che forza ritrovare insieme la scritta WWF fatta coi sassi lo scorso anno! Che gioia la scoperta del fatto che sia visibile anche dal satellite!
Il simbolo del fatto che certe emozioni non si cancellano, che il passato sono si ricordi ma anche un (bel) pezzo del tuo presente.
Non te ne liberi mai del tutto veramente - e perché dovresti? - ed è necessario ripartire da quello per costruirci il Nuovo sopra.
Così abbiamo fatto, insieme, ragazzi, aggiungendo, simbolicamente, alla scritta qualche altro particolare legato a quest'anno (diventata #WWF 2016/17, come si vede nella foto che vi ho scattato mentre camminavate verso di essa, al ritorno dal nostro giro)
Avevo bisogno in qualche modo di rialzarmi (anche dopo il conseguente recente periodo di non buono stato di salute), di ripartire, di riprendere il Cammino, il mio passo. Mi sono rimboccato le maniche e così è stato.
Sapete, c'è un momento nella vita in cui smetti di sentire la necessità di "rincorrere", qualcuno o qualcosa, o tutto, per dover spiegare. Spiegare le cose basilari, a mo' di disegno coi pupazzetti, o coi sottotitoli alle parole che hai pronunciate. Lo si fa per molto tempo, poi si smette. Beh, ...il mio è definitivamente arrivato.
Ho smesso di rincorrere. Di spiegare l'ovvio. Lascio che sia la Vita a farlo.
Chi sono, cosa faccio e ciò a cui aspiro ce l'ho scritto in faccia, come tutti del resto, e non c'è bisogno di spiegare o aggiungere alcunché ad alcuno. Chi vuole vedere, veda; chi vuole comprendere, comprenda. Non devo convincere nessuno (anche se carinamente mi dite che sono bravo a farlo).
Sono ripartito da Me, riparto ogni volta da Me, e a questo mi dedico.
Ho posto ulteriore attenzione alla tendenza a un atteggiamento di lamentela per quello che fanno "gli altri", atteggiamento che a volte, mi rendo conto, nonostante tutto, manifesto. Ho smesso di alimentarlo lì dove ancora mi attendeva pronto al varco, e mi sono concentrato nuovamente su ciò che posso - che devo - fare io.
E ho messo da parte l'orgoglio. Ma non la dignità.
"...succede tutto per una ragione, e la ragione magari sei tu...", dice (pure) la canzonetta dei due giovanotti.
E così, siamo ripartiti, insieme e con grande piacere. Con Roberta e con voi 18 ragazzi e ragazze. Tra cui Martina che tornava per la terza volta e Ambra, con lei, per la seconda (così come Elisabetta, lo scorso anno comunque qui con un gruppo condotto da altri due colleghi). Dimostrandoci così, e scrivendolo pure, che abbiamo un compito importante: siamo punti di riferimento per Voi. ...Il motivo per cui facciamo tutto questo.
Ho scelto - abbiamo scelto - di occuparci di Benessere reale. Del Benessere di questo pianeta e di chi ci vive.
Ciò comporta inevitabilmente il dover andare fino in fondo, perché, con evidenza, stiamo messi maluccio. Con Decisione e Giustizia, come la ancora fresca vostra onestà intellettuale correttamente e puntualmente ravvisa.
E' un po' di più, in effetti, che essere mere Guide.
Senza dubbio: dell'esserlo con la g minuscola, come molti, anche colleghi (ahimè), continuano a scrivere.
Portare qualcuno in montagna (o in collina, o al campo estivo, od ovunque) non basta più. Serve altro. Serve la Rivoluzione di Ognuno. Noi facciamo la Nostra e nel contempo ci adoperiamo a darvi degli stimoli per innescare la Vostra.
Quasi la totalità delle cose che si fa su questo pianeta, anche le attività cosiddette "green" (escursioni naturalistiche e turismo sostenibile compresi), sono attività centrifughe rispetto alla Vera e Profonda Questione e ci allontanano da Essa.
Tutto quello che vediamo fuori è effetto. Compreso quello che identifichiamo con "ambiente naturale". Non esistono terre pure o terre impure di per se, fuori di noi.
Tutto parte da dentro. La causa originaria è l'Entità della Vita che abita il prezioso scrigno che è il nostro corpo e che, allo stesso tempo, permea ogni singola particella dell'Universo, dal tempo senza inizio.
Se non torniamo a occuparci di Ciò, questo nostro passaggio sulla Terra sarà solo motivo di incessante sofferenza. Per Noi e per Tutti.
Su questo ci focalizziamo e lavoriamo, ormai da anni, cosa che poco c'entra col lavoro di Guida Ambientale Escursionistica comunemente inteso.
E se al giro delle condivisioni per l'attività conclusiva del campo esce - da più di uno di voi - che "questa settimana ho compreso che ogni nostra azione ha conseguenze", beh, allora vuol dire che... iniziamo a guardare di nuovo verso il centro di Tutto.
Una foto eloquente, questa mia (peccato, sfocata):
Che cosa sia la Felicità per ognuno di noi, per ognuno di Voi.
Abbiamo iniziato a ragionarci insieme la seconda sera (ricordate?), poi abbiamo lasciato il cartellone attaccato al muro nel corridoio su sui si affacciavano le stanze e pian piano voi lo avete "aggiornato", spontaneamente e liberamente, nel corso della settimana.
La Felicità è Benessere, appunto.
La Felicità è Lealtà. Splendido!
La Felicità è Fiducia. Certo.
La Felicità è Acrobazie. (...magari sugli alberi. Yeah!)
La Felicità è Amore. Assolutamente si.
La Felicità è Amicizia, prima ancora.
La Felicità è Passione. Caspita quanto è vero!
La Felicità è Donare. Già...
La Felicità è Sostenere...
...Grazie...
Grazie, ragazzi. E' l'unica cosa che si può aggiungere.
...La Felicità è Gratitudine, d'altronde.
Siamo stati "a ritmo", senza forzare praticamente mai la mano con inutili attività riempi-tempo, lasciandovi ampi spazi di reale svago e, soprattutto, come si vede, abbiamo lavorato molto sull'aspetto introspettivo. Sulle emozioni individuali e sulla sensorialità. Sul Noi.
Ed è stata una gran bella settimana. Una specie di Danza, della e nella fiducia reciproca.
Ci siamo sanamente divertiti insieme. E siamo indubbiamente cresciuti tutti un po'.
Nessuno di noi la dimenticherà.
Grazie quindi a: Martina, Ambra, Sara, Beatrice, Sofia "Kayla" G., Sofia S., Benedetta, Elisabetta, Sofia R., Simona, Laura, Nicola, Tobia, Filippo, Edoardo, Lorenzo, Federico, Emanuele. E all'indispensabile compagna di Avventure Roberta, naturalmente.
Determiniamo che ci sia una prossima! Qui o altrove, perché no.
giovedì 22 giugno 2017
Diversamente meraviglioso
Campo estivo WWF - Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise - 10-17/6/2017
La Roccia si fa ogni anno più dura. O la Freccia, forse, si è un po' usurata col tempo. Fende l'aria meno stabilmente: trema un poco, tentennando.
La durezza del Diamante però è proverbiale; ed è per sempre, come ci ha insegnato a dire la pubblicità. A ciò occorre affidarsi.
Ogni volta che rimprovero un bambino, o un gruppo di bambini, mi si torcono le budella. Mi mordo la lingua.
Non mi piace il ruolo dello sceriffo ma è sempre più difficile riuscire a fare a meno di incarnarlo: il rispetto delle regole sta sparendo. Cioè, le regole stanno sparendo. Ed è un problema.
La tendenza all'emulazione tra individui poi, fortissima tra i bambini, non fa che metterci il carico da undici, come dice chi gioca a briscola.
Tuttavia, la responsabilità non è dei bambini. Lo è in senso profondo, perché ognuno è protagonista della propria vita fin dal momento in cui si presentifica su questa Terra ma si sa che la parte istintiva ed emotiva nel bambino la fa da padrone su quella logico-razionale, almeno fino a una certa età. E questo, di per se, invece, non è un problema. Anzi, meno male che sia così.
I bambini hanno bisogno di regole, e bambini, figli, che non obbediscono è retribuzione per una sregolata comunità, per le gravi offese alla Vita e alla sua Legge che sono state da essa perpetuate, per ciò che ha costruito.
Un gruppo oggettivamente troppo numeroso in partenza (nonostante le ripetute segnalazioni fatte a chi di dovere ogni anno a riguardo), la concentrazione di due-tre situazioni particolari, l'instaurarsi di una serie di dinamiche interne al gruppo stesso, hanno contributo a creare un'atmosfera di minor agio per tutti e, in particolare, per i bimbi, per i quali tutto questo si mette in piedi, e che, in questi casi, tendono a lasciarsi meno andare per tutto quello che riguarda il manifestarsi nella propria naturalezza, canalizzando quindi le proprie energie in modi innaturali (mancanza di ascolto, chiasso insopportabile, litigi, pianti di nostalgia, lagne, dispetti, prese in giro, giochi fuori luogo, ...).
Questo ha comportato - come è ovvio - per noi operatori (ero insieme a Valentina - partner storica ormai di tante di queste "avventure" - e Gilberto, nuovo a queste esperienze ma che non si è risparmiato un minuto) di dedicare più tempo da parte nostra a tutti quegli aspetti "gestionali" del gruppo, per il mantenimento della sicurezza, delle possibilità di condivisione, del controllo, dell'"ordine", togliendone però alle attività ludiche, didattiche ed esperienziali previste.
All'opposto, invece, per come intendo io un campo estivo, l'occasione dovrebbe essere proprio un'opportunità per lasciare ai partecipanti la più ampia libertà di espressione (nei limiti degli elementi oggettivi). Educazione Libertaria, a cui ho fatto più volte cenno qui.
L'arciere non sempre riesce a vedere dove si è conficcata la freccia che ha scoccato, deve verificare il raggiungimento del bersaglio. Ha bisogno di andarla a cercare magari nel folto del bosco.
E per la prima volta, un'ombra di insoddisfazione rispetto a come fossero andate complessivamente le cose mi ha accompagnato sul finale di settimana.
Finito il campo, il rientro lento in auto sulla strada di curve che esce dal Parco, mentre scruto gli arcigni contrafforti calcarei di questo splendido angolo d'Abruzzo e d'Italia che cadono in ampi e dolci valloni, e i ricordi della settimana e connessi pensieri fanno capolino e si avvicendano. Rivedo situazioni, rivivo momenti, riconsidero l'insoddisfazione come una caratteristica delle menti più vivaci e cerco di comprendere, immagino dove avrei potuto fare diversamente, e meglio. Il gruppo è lo specchio di chi lo conduce. Lo dico sempre nei corsi di formazione, non può che valere anche - e soprattutto - in questo caso.
Ho sbagliato cosa? Ma... ho sbagliato?
Poi, cominciano ad arrivare i primi riscontri.
F., che aveva partecipato ad un meraviglioso turno di campo con me e Valentina già lo scorso anno, fa capire a suo modo alla mamma che era venuta a prenderla - e che poi mi ha riferito - che questa nuova esperienza è stata in qualche modo "diversamente meravigliosa".
In serata, giunto già a casa, arriva questo sms, dalla famiglia che aveva lasciato il campo per ultima e con la quale mi ero fermato un po' a chiacchierare: "Gentile Riccardo, grazie ancora di tutto, soprattutto per l'infinita pazienza! Pensavamo che rientrando a casa i bimbi facessero festa e invece... G. moggio moggio e D. è scoppiato in un pianto inconsolabile! Gli mancano gli altri bimbi ma soprattutto lei, Gilberto e Valentina!!! Ha voluto assolutamente che le scrivessi e glielo dicessi. La prego volerlo riferire ai suoi colleghi. Grazie ancora per la bellissima esperienza! Famiglia U."
Un messaggio che ha un grande significato e un grande valore, perché mi ha dato modo di vedere, di nuovo, che la percezione dei bambini è diversa. Cosa che in certi momenti ti sfugge, complice la stanchezza, le poche ore di sonno ma anche i pochi giorni a disposizione che hai; complice il peso della responsabilità e la necessità di avere sempre mille occhi, l'essere - ahimè - sempre messi nella condizione di lavorare in emergenza e al ribasso dei costi, ma anche semplicemente perché si è presi dalla voglia di fare bene guardando però solo se stessi. Sfugge, a volte, anche se hai l'età, anche se hai l'esperienza.
E invece è proprio questa diversa percezione, questo loro mondo che dobbiamo preservare e tutelare. Laddove, dinnanzi a un bambino, non la vediamo esprimere è perché c'è un disturbo, che spesso è di matrice esterna. Un bambino, dunque, quello che dobbiamo aiutare nel ritrovare quella innanta percezione e riappropriarsene. Quella naturalezza, quel proprio mondo. Un mondo, una dimensione, di cui abbiamo tutti bisogno. Loro e noi adulti.
Questo che abbiamo costruito non è un mondo per bambini. I bambini, che infatti sono sempre più soli, circondati da mille ansie e mille paure da parte delle famiglie e di chi, almeno a parole, si prende cura di loro; un mondo in cui spesso sono la valvola di scarico di problemi e situazioni che non dovrebbero toccarli. Un mondo in cui non hanno sufficienti spazi di manifestazione individuale, fisica e intellettuale. Non possiamo non tenerne conto.
I Bambini - uso la B maiuscola... - e la loro innata purezza, la loro innata gentilezza, l'innato disinteresse per le cose mondane, ma anche la salda concretezza, l'innato amore per le piccole cose e, nel contempo, per le grandi imprese, sono proprio il contrario di ciò che caratterizza la realtà di oggi. I Bambini ci salveranno, dall'abbrutimento e dall'aridità di questa epoca.
Diamogli lo spazio necessario. Lasciamogli la possibilità di realizzare ciò manifestandosi e supportiamolo, senza interferire. Cresciamoli lasciandoci condurre sul loro sentiero.
In ogni caso, anche quando meno ci sembrerà così, ciò farà la differenza.
Grazie quindi a Margherita, Noemi, Elena, Francesca, Penelope, Caterina, Carlotta, Filippo, Domenico, Valerio, Edoardo, Gabriele, Davide, Marco, Luca, Thomas, Giacomo, Andreino, Andrea P., Andrea Q., Arnaldo (e Valentina e Gilberto) per avermelo, a loro modo, fatto di nuovo vedere. Per avermelo fatto di nuovo, e più chiaramente, comprendere.
La roccia più dura, in fin dei conti, è in grado di reggere carichi maggiori. E solo sulla roccia più dura è possibile fare costruzioni più grandi.
sabato 10 giugno 2017
Ripartenza
La Pazzia su questo pianeta, ad opera del genere umano, ha raggiunto livelli indicibili. Il culmine.
Giungono notizie dalla Cina - la nuova potenza mondiale dell'era moderna, culla di tradizioni antichissime e terra natia di un uomo su sei che camminano sulla Terra - di un fantomatico festival, lo Yulin Dog Meat Festival (non ho messo link, perché le immagini sono raccapriccianti) in cui il "gioco" dei nostri consimili è torturare cani, gatti e animali domestici. Prenderli a bastonate, impiccarli, metterli a bollire vivi.
Cosa che fa il paio con quell'altra pratica terribile - e chissà di quante altre ancora non abbiamo notizia - in quell'isola del Mare del Nord, in cui prendono a bastonate i cetacei, dopo averli costretti ad avvicinarsi alla riva, fino a colorare di rosso sangue il mare.
Non si possono fare più spallucce. Il tempo è scaduto. Siamo tutti responsabili.
Se non sradichiamo ora, all'istante, ogni singola briciola di violenza dentro di noi, continuiamo imperterriti ad alimentare questa terribile Oscurità della vita.
Allo stesso modo, se non perseguiamo la Verità, confutando il Falso ogni volta che ci si presenta l'occasione. Con chiunque e ovunque.
Domani mattina, cioè tra qualche ora, partirò per il primo campo estivo WWF della stagione.
Non mi sono ancora rimesso del tutto e per questo motivo mi sento, a differenza delle altre volte, anche un po' a disagio.
Mi attendono (insieme a me, ci sono due miei colleghi) 21 bambini relativamente piccoli, di età scuola elementare. La più piccola non ha ancora compiuto sette anni.
Con l'esperienza accumulata in questi anni, so quanto è impegnativa una iniziativa del genere, soprattutto con un numero tale di partecipanti, e che affrontarla non essendo al meglio delle proprie condizioni non è certo la soluzione ideale. Tuttavia, parto. Fosse anche l'ultima cosa che farò, è necessario mettere semi di trasformazione. Di Verità, di Giustizia, di Libertà. Di Benessere per tutti gli esseri viventi. Una semina soprattutto con le nuove generazioni.
Non sono ancora al meglio ma dentro sono una furia.
Supplirò alla mancanza di piene energie con una determinazione adamantina.
Basta.
Dritto al bersaglio. Una freccia scoccata che, dopo aver tagliato rapida e leggera l'aria, si conficca nettamente nella roccia.
Giungono notizie dalla Cina - la nuova potenza mondiale dell'era moderna, culla di tradizioni antichissime e terra natia di un uomo su sei che camminano sulla Terra - di un fantomatico festival, lo Yulin Dog Meat Festival (non ho messo link, perché le immagini sono raccapriccianti) in cui il "gioco" dei nostri consimili è torturare cani, gatti e animali domestici. Prenderli a bastonate, impiccarli, metterli a bollire vivi.
Cosa che fa il paio con quell'altra pratica terribile - e chissà di quante altre ancora non abbiamo notizia - in quell'isola del Mare del Nord, in cui prendono a bastonate i cetacei, dopo averli costretti ad avvicinarsi alla riva, fino a colorare di rosso sangue il mare.
Non si possono fare più spallucce. Il tempo è scaduto. Siamo tutti responsabili.
Se non sradichiamo ora, all'istante, ogni singola briciola di violenza dentro di noi, continuiamo imperterriti ad alimentare questa terribile Oscurità della vita.
Allo stesso modo, se non perseguiamo la Verità, confutando il Falso ogni volta che ci si presenta l'occasione. Con chiunque e ovunque.
Domani mattina, cioè tra qualche ora, partirò per il primo campo estivo WWF della stagione.
Non mi sono ancora rimesso del tutto e per questo motivo mi sento, a differenza delle altre volte, anche un po' a disagio.
Mi attendono (insieme a me, ci sono due miei colleghi) 21 bambini relativamente piccoli, di età scuola elementare. La più piccola non ha ancora compiuto sette anni.
Con l'esperienza accumulata in questi anni, so quanto è impegnativa una iniziativa del genere, soprattutto con un numero tale di partecipanti, e che affrontarla non essendo al meglio delle proprie condizioni non è certo la soluzione ideale. Tuttavia, parto. Fosse anche l'ultima cosa che farò, è necessario mettere semi di trasformazione. Di Verità, di Giustizia, di Libertà. Di Benessere per tutti gli esseri viventi. Una semina soprattutto con le nuove generazioni.
Non sono ancora al meglio ma dentro sono una furia.
Supplirò alla mancanza di piene energie con una determinazione adamantina.
Basta.
Dritto al bersaglio. Una freccia scoccata che, dopo aver tagliato rapida e leggera l'aria, si conficca nettamente nella roccia.
venerdì 26 maggio 2017
26.05.1977 - 26.05.2017
Ne senti parlare per anni dai tuoi conoscenti più grandi che ci sono passati un bel po' prima di te come un giorno, un momento di passaggio davvero importante.
E per tutti quegli stessi anni ti chiedi tu quel giorno di questo anno così lontano, sia sul calendario che nello spirito, dove sarai, cosa farai, come festeggerai. E se il tutto sarà all'altezza di queste così elevate aspettative.
Ti ricordi benissimo il giorno in cui toccò a tuo padre, la bella festa serale in casa con tutti gli amici di famiglia più vicini di quei tempi, alcuni anche di oggi. Avresti compiuto dieci anni qualche settimana dopo ed eri il figlio più grande del festeggiato.
Sei sempre stato convinto, fin dai vent'anni, quando ancora non sapevi che cosa fare della tua vita, che quello che diceva quel tizio in quel film era straordinariamente vero e stimolante e cioè che i quarantenni più interessanti ancora non lo sanno, alla loro età. E ciò ti stimola anche oggi, che ci sei.
Poi arriva la vita, con la sua bella dose di realtà, e ti ritrovi a superare quello che convenzionalmente dall'immaginario collettivo è ritenuto il punto di non ritorno della gioventù nella condizione di maggiore debolezza generale degli ultimi 5 anni, all'ottavo giorno di convalescenza di una condizione in cui hai avuto anche paura di piangere, per il dolore, sebbene avessi voluto.
Idealmente ti volti indietro e vedi che qualche cosina l'hai realizzata.
Niente di eclatante, non passerai alla Storia, ma, a guardar bene, un pezzetto ne hai scritta.
E la cosa importante è che non l'hai fatto a tuo mero beneficio personale. Anzi.
Certo, l'hai comunque fatto per Te; per quando avresti potuto nemmeno avere - come nei giorni immediatamente passati - la forza di alzarti dal letto per bere un bicchiere d'acqua. Per sorridere della bellezza del sole che illumina le colline fuori dalla finestra.
E ti chiedi come hai fatto a fare quello che hai fatto. Dove sono quelle forze che paiono ora sovrumane. Molto del tuo lavoro - precario all'ennesima potenza - si basa su una qualche performance fisica, oltreché tecnico-culturale. Ti chiedi, e si avvicina la paura di non farcela. Di non riuscire a far fronte agli impegni degli immediati prossimi giorni, e quelli, ancora più impegnativi, delle prossime settimane. Lavoro non garantito e faticosamente costruito nei mesi e negli anni. Ma non è solo questo.
A parte la non secondaria preoccupazione per la questione economica cui tutto questo si lega, nel volgerti indietro, renderti conto di quello che hai fatto finora e rivoltarti in avanti, percepisci che non è da escludere che hai altri 50 anni a disposizione. Che ancora un gran pezzo di Storia, tua e di tutti, può, anzi deve, essere scritta. E che non sarà la mera prestazione fisica su cui potrai fare affidamento.
Allora, giri la testa sul cuscino dalla parte opposta per lenire un po' il dolore su quel lato, e comprendi che hai avuto l'opportunità di verificare - e accettato - che ciò che conta è solo adesso. Che puoi costruire l'istante successivo solo a partire da questo. E così, secondo dopo secondo. Poi minuto dopo minuto. Ora dopo ora. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. Un passo dopo l'altro.
Che non ha senso pensare alla foresta di domani bensì avere la massima cura del minuscolo semino che hai in mano oggi.
Che l'obiettivo è la dedizione incondizionata al momento presente, come quella di un bimbo totalmente preso dal gioco e, come adulto consapevole, il rispetto e la gratitudine assoluti per tutte le condizioni che consentono di giocare.
Abbozzi uno di quei mezzi sorrisi di chi ha capito, il dolore è anche un po' passato e ti senti un pochino meglio, e pensi a quello che disse Pablo Picasso qualche decennio fa: "Ci si mette molto tempo per diventare giovani". Già.
E allora, così come stai adesso, si avanza.
[ph. "Belle e buone" by L. Mortet - 06.05.2017]
giovedì 4 maggio 2017
Arcobaleno
Il "dicono di noi" delle ultime settimane (tutto concentrato in pochi giorni):
"Era nobile e bello in viso come un sire elfico, forte come un guerriero, saggio come uno stregone, venerabile come un re dei Nani, e gentile come la primavera. [...] La sua casa era perfetta, che vi piacesse il cibo, o il sonno, o il lavoro, o i racconti, o il canto, o che preferiste soltanto star seduti a pensare, o anche se amaste una piacevole combinazione di tutte queste cose. In quella valle il male non era mai penetrato. (J. R. R. Tolkien, Lo Hobbit, pag. 94 - la descrizione di Re Elrond, nda) "...Oh, un po' ti rassomiglia! :-)" [La.]
Ma anche:
"Tu vedi il male che hai dentro";
"Sei verbalmente violento";
"Tu vivi in un mondo irreale" [Da.]
Poi:
"Ciao Riccardo, alla scheda di valutazione compilata a fine corso vorrei aggiungere che ho ricevuto forse più in termini di crescita interiore che in quelli di formazione professionale... non perché gli argomenti e, soprattutto le uscite, non mi abbiano stimolato e fatto capire quanto ancora non so e non so fare, ma perché è emersa ancora di più la dimensione e lo spessore interiore del tuo essere e interpretare il ruolo di guida non solo escursionistica, non solo ambientale... Ho apprezzato all'ennesima potenza il nutrimento e l'ispirazione che hai saputo apportare all'escursione di ieri a dimostrazione che ogni cammino muove prima di tutto qualcosa dentro di noi. Bravo, di cuore" [Pi.]
Ma anche:
"Sei scorretto" [Fe.]
"Sei un opportunista" [Lu.]
"Non ti rispondo apposta al telefono, quando mi chiami" [il minore dei miei due fratelli minori, undici anni di meno]
Tonalità di grigio: non pervenute.
O bianco o nero.
Quando siamo in contatto con la nostra vera natura e la manifestiamo autenticamente, anche se avvolti da un mare di nubi noi siamo arcobaleni: rossi come la Passione, verdi come la Speranza, blu come il Cielo Profondo, arancioni come il Sole...
Non so a cosa si riferiscano, e nessuno dei "detrattori", naturalmente, si è curato di darmi una spiegazione e dimostrare, come sarebbe normale, quanto abbia affermato (non proprio bruscolini, penso di poter legittimamente dire).
Mentre invece di fronte a un apprezzamento, a una lode - bellissime e graditissime queste, grazie! - non è necessario.
Anche questi "detrattori" in passato hanno manifestato, chi in un modo e chi nell'altro, almeno stima, nei confronti del sottoscritto. Quasi tutti hanno ricevuto e beneficiato di non poco.
Il bianco è la somma di tutti i colori; il nero è assenza di colore.
Dunque: lo stato vitale di chi guarda determina la sua percezione.
[foto L. Mortet - Monte Cetona - 02.04.2017]
venerdì 28 aprile 2017
Acqua
Dicono che l'amore che ricevi è proporzionale a quello che dai.
Io non lo so. E' una valutazione difficile, un calcolo troppo complesso (e la questione ha assunto, ormai, la forma di una frase fatta, di luogo comune). La Vita si dipana, incessantemente, nelle tre dimensioni di passato, presente e futuro, e spesso ci sentiamo legati e proviamo forti sentimenti per persone che a malapena conosciamo. Legami, dunque, che non possono che venire da un infinito passato di cui ci sembra di non aver prove, pur essendo appunto di fronte alla prova stessa in quel frangente.
Una cosa, invece, ad oggi, ho imparato - ho verificato, in maniera incontrovertibile - ed è quello su cui invito qui a spostare lo sguardo, in quanto causa originaria della questione: l'amore che dai è tanto quanto ne hai realmente e profondamente per te, per la Tua Entità della Vita e le sue conseguenti manifestazioni.
Chi vuole bene a sé stesso, cioè vuole il Bene per sé stesso, riconosce anche negli altri questa Entità e questo bisogno, e si dispone a sostenerlo.
Da persone che non rispettano se stesse, che non amano sé stesse, che non provano gratitudine reale per ciò che sono (e quindi ciò che hanno e ciò che fanno), che, in fondo, mentono a sé stesse, non ci si può aspettare che amino, che rispettino, qualcun altro. Che vogliano veramente il suo Bene. Non è "tecnicamente" possibile.
Quelli di cui si dice in giro "è una persona tanto buona e cara"; quelli che vedi sempre sorridenti e apparentemente felici nelle foto sui social, su cui sono attivissimi; quegli stessi che, magari, sono stra-impegnati a correre a destra e a manca per attività nel sociale, nel volontariato, nell'assistenza e coinvolgimento degli altri; quelli che si buttano tutto alle spalle con una facilità impensabile, che "lasciano andare"; quelli che non mancano di sottolinearti che sei sempre "negativo" (una pila??) e "pessimista"; in realtà, quasi sempre, sono i finti buoni.
Coloro i quali - basta grattare un po' sotto la superficie delle cose e delle relazioni - sarebbero in grado di metterti al tappeto con un'unica fulminante parola del peso specifico dell'uranio. Di farti andare in galera con un paio di abili manipolazioni dialettiche, se li costringi a confrontarsi dinnanzi alla verità (che il più delle volte coincide con l'esplicitare il male che hanno deciso di farti e di cui non si prendono la responsabilità, con l'affermare che il re è nudo).
Alla fine - si - ho imparato a riconoscere i "segnali deboli", anticipatori di queste situazioni, anche se, ovviamente, non gli unici a caratterizzarle. Persone che non si prendono cura di sé, sotto tutti gli aspetti (da chi persevera a fumare a chi persevera a nutrirsi in maniera assurda; dagli improbabili tatuaggi che coprono ampie parti del corpo all'avere una vita sregolatamente sempre piena di cose da fare, con ritmi forsennati), dietro quel sorriso dolce, quella cortese premura, sono bombe pronte a esplodere da un momento all'altro, a causa esterna propizia.
Con l'espressione "amore per se stessi" non intendo, ovviamente, un banale narcisismo di bassa lega. Non mi riferisco a quanto e quante volte ci guardiamo allo specchio durante il giorno. Anche se, se guardassimo francamente negli occhi la nostra immagine riflessa per qualche minuto un po' più spesso, impareremmo senza dubbio a Vederci, a conoscerci meglio. E, appunto, senz'altro, a volerci bene.
Alla fine - ci ho messo un po' (sono lento, si) - ho imparato a riconoscervi.
Ho imparato - e accettato (e non è stato facile) - che siete avvolti, come tutti, nelle catene del vostro karma. E lo sarete fino a quando non deciderete di porre le cause per liberarvene. Di Liberarvi.
Ho imparato, ma, lo riconosco, solo dopo essere ingenuamente (e immaturamente) caduto in due grandi errori:
- il primo: non vi ho riconosciuti, subito. Anzi, per la precisione dovrei dire: non vi ho voluto riconoscere, subito;
- il secondo: quando vi siete svelati e vi ho visto, mi sono contrapposto, vi ho in qualche modo combattuti, in nome di un ideale del Bene. E tutte le battaglie, anche quelle che vinci, sono sempre un trauma.
Avrei dovuto essere Acqua, invece. Fluido. Sereno. Implacabile.
L'Acqua della Fede. Oggi lo so.
Sarò Acqua, da adesso in poi.
Ok. Non vi porto rancore. Vi voglio bene lo stesso. Si, perché il lottare che mi avete stimolato è conseguenza solo di questo. E lo sapete. Se vedi il giusto e non lo persegui, sei senza coraggio: è un principio che mi è caro e a cui mi attengo da sempre.
Vi voglio bene lo stesso, anche se qualche bella cicatrice su questa mia scorza indurita me la potevate risparmiare.
Vi voglio bene, per questo motivo non vi aspettate da me incondizionata indulgenza, sconsiderato sentimentalismo. Non di fronte alla mancanza di evidenza di una reale presa di coscienza e di un chiaro ravvedimento.
Come l'acqua, come il placido limpido fiume che il giorno che invece in piena serenità esce dagli argini non guardando in faccia nessuno e allaga tutto insinuandosi ovunque, voglio stare nella realtà.
Che sono fatti e non opinioni.
La Natura, la Vita, non è perfezione. E' equilibrio e coerenza.
lunedì 20 marzo 2017
La Felicità
Qualche giorno fa, nell'ambito del progetto Leggiamo il mondo che ho sviluppato, per le scuole del territorio in cui vivo, insieme alla locale Libreria per ragazzi, durante il primo incontro in classe con i bambini di una seconda elementare, ho chiesto loro di esprimere individualmente quelle che potevano essere le prime parole di un libro che avremmo insieme potuto scrivere, un libro che racconta di uomini, di bambini, felici su questo pianeta - parole che quindi per loro significano Felicità -, un libro che avremmo poi potuto spedire nello spazio, affinché raggiungesse "qualcuno", che così avrebbe potuto sapere cosa significasse vivere felicemente sulla Terra.
Ecco le parole cardine del loro libro, che i bimbi hanno espresso, spontaneamente e senza pensarci troppo:
GIOCARE
AMICIZIA
ARMONIA
AMORE
COMPAGNIA
LIBERTA'
PACE
SINCERITA'
FELICITA'
NUOTARE
DIVERTIMENTO
GENTILEZZA
RIDERE
CORRERE
SIMPATIA
GENEROSITA'
LEGGERE
SCRIVERE
VITA
BALLARE
IMPARARE
ANIMALI
ABBRACCIARE
MATEMATICA
GIOCATTOLI
SOLE
BELLEZZA
BAMBINI
Semplicemente.
Riflettiamo.
giovedì 2 marzo 2017
Lupo Socievole
"Quando si lotta per fare qualcosa cui si attribuisce molta importanza, bisogna circondarsi di persone che inequivocabilmente sostengono il nostro lavoro. E' nel contempo una trappola e insieme un veleno avere cosiddetti amici che hanno le nostre stesse ferite ma non il desiderio di guarirle. Amici siffatti ci spingono ad agire fuori dai nostri ritmi naturali."
[Clarissa Pinkola Estes - "Donne che corrono con i lupi"]
Socievole: tendente a ricercare la compagnia dei propri simili. [Dizionario fondamentale della lingua italiana Devoto-Oli]
Il Lupo Solitario, così come il Lupo Cattivo, è il prodotto della mente (obnubilata) dell'uomo; uomo che non si prende la responsabilità di manifestare la propria innata Umanità.
domenica 12 febbraio 2017
Rampando qua e là
Febbraio, luna calante, una calda domenica di sole, ho iniziato a potare gli alberi da frutto.
In queste settimane, inoltre, sto preparando un progetto che ho ideato e sviluppato con la locale Libreria per ragazzi che partirà tra qualche giorno in alcune classi della scuola primaria del comprensorio. Un progetto su libri e natura.
Sto leggendo dunque alcune cose, tra cui, probabilmente per la settima volta in vita mia, Il Barone rampante di Italo Calvino.
Senza dubbio il mio romanzo preferito, anche e soprattutto per quanto mi sono sempre immedesimato nel personaggio. Una storia universale, sul coraggio delle proprie scelte, la determinazione e la coerenza del mantenerle, ma anche dell'integrità personale di vivere la propria vita in maniera unica, di svolgere il proprio compito, per quanto in una forma assolutamente particolare, bizzarra, fuori dai canoni.
Una storia che si svolge sugli alberi, nei boschi di un fantasioso territorio di collina a due passi dal mare, in un periodo storico rivoluzionario e di grande fermento.
Lo adoro. Lo adoro per il personaggio, per come l'Autore lo caratterizza e lo fa raccontare (dal fratello, voce narrante); per i suoi ideali; per le sue avventure; per la sua - emblematica - storia d'amore con Viola; per la sua scelta di vivere sugli alberi, che da sempre mi attirano; ma anche semplicemente perché amo molto tutta l'opera di Calvino, il suo modo di scrivere, un autore davvero poliedrico e mai scontato.
L'ho riletto sia nella versione per ragazzi (che useremo in classe), un po' "alleggerita" dallo stesso autore a suo tempo, sia nella versione integrale e, davvero, non mi annoia mai.
Ero dunque sui rami di un melo, poco fa, tra gli ultimi raggi di sole prima del tramonto.
La testa sgombra dai pensieri, pienamente concentrato - finalmente - sui (pochi ed efficaci) tagli da fare alla pianta e nel "dialogo" con essa (anzi esso, perché per me quell'albero è maschio), per sentire anche la sua "risposta" e agire di conseguenza.
All'improvviso mi è venuto in mente il momento del racconto in cui, il Barone di Rondò, padre del protagonista (Cosimo), ormai anziano e avendo perso la speranza che il figlio maggiore (e divenuto maggiorenne), dopo anni, decidesse di scendere dagli alberi, a cavallo lo raggiunge nel folto del bosco e, ai piedi dell'albero sui cui il figlio lo stava aspettando, gli cede la propria spada, in segno di passaggio di consegne.
Si instaura un breve dialogo tra i due, con Cosimo, considerata l'epoca (fine del 1700) e il lignaggio del padre (e anche suo), che parla e risponde in maniera ovviamente molto formale al genitore, nonché Barone di Rondò, il cui cuore dei discorsi è questo, bellissimo e verissimo:
- Buongiorno, figlio.
- Sta ella bene?
- Compatibilmente agli anni e ai dispiaceri.
- Godo di vederla valente.
- Così voglio dire di te, Cosimo. Ho sentito dire che ti adoperi pel vantaggio comune.
- Ho a cuore la salvaguardia delle foreste dove vivo, signor padre.
- Sai che un tratto del bosco è di nostra proprietà, ereditato dalla tua povera nonna Elisabetta buonanima?
- Si, signor padre. In località Belrìo. Vi crescono trenta castagni, ventidue faggi, otto pini e un acero. Ho copia di tutte le mappe catastali. E' appunto come membro di famiglia proprietaria di boschi che ho voluto consociare tutti gli interessati a conservarli.
- Già, - disse il Barone, accogliendo favorevolmente la risposta. Ma aggiunse: - mi dicono sia un'associazione di fornai, ortolani e maniscalchi.
- Anche, signor padre. Di tutte le professioni, purché oneste.
- Tu sai che potresti comandare alla nobiltà vassalla col titolo di Duca?
- So che quando ho più idee degli altri, do agli altri queste idee, se le accettano; e questo è comandare.
...una grande lezione. Su cosa sia veramente quella che oggi viene chiamata, con termine purtroppo non italiano, leadership.
Bisognerebbe rifletterci su.
Ho esperienza - tanta ormai, negli anni e in questi ultimi giorni - che, al giorno d'oggi, quando le persone non riescono ad argomentare nel tentativo di smontare, invece di semplicemente accogliere e prendersene la responsabilità, quello che tu - a ragione - sostieni, generalmente o manipolano la situazione, come farti passare, magari sottilmente e subdolamente, il padrone - opportunistico - di una idea, di un progetto, invece che opportunamente il padre della medesima idea, del progetto (e il passo è proprio facile, tant'è che la radice delle due parole è anche la stessa), oppure attaccano direttamente la tua persona, con epiteti che, ovviamente, mai fanno piacere a nessuno.
...Tornati i pensieri, al calare del sole, termina la sessione di potatura.
Mentre il sole tramonta, lo guardo e mi godo gli ultimi raggi e il loro bel tepore, tra i rami del giovane melo.
Penso a Cosimo, futuro Barone di Rondò, che un giorno salì sugli alberi e non scese mai più, e che aveva imparato a guardar bene la Terra, da quella distanza.
E penso che in onore della reale nobiltà (d'animo) da egli espressa, leggerò in aula questo brano della sua storia che ho riportato, la prossima volta che mi sarà richiesto di tenere una docenza in un corso per Guide o Educatori, o semplicemente in escursione, al gruppo al mio seguito.
venerdì 20 gennaio 2017
Come deve
"Doveva andare così".
Quante volte avete detto o avete sentito dire questa frase? Tante, suppongo. Beh, ...è un'affermazione falsa. Arbitraria. Ingannevole. Sempre.
Se fosse vera, varrebbe per tutto e, quindi, avvalorerebbe la "teoria" della pallina che rotola sul piano inclinato. Con noi a vestire i panni della pallina rotolante.
Ma questa teoria è palesemente sconfermata dal fatto che ancora non siete finiti nel "burrone", lì dove il piano inclinato termina, pur tutte le volte che il burrone lo avete rasentato ma, anche, quindi, evitato. E allora, perché ce lo diciamo? Per giustificare che cosa?
Per giustificare la nostra mancanza di piena presa di responsabilità degli eventi e situazioni che ci occorrono. Del non aver fatto, fino in fondo, tutto il necessario.
Se il piano fosse realmente inclinato, anche solo di poco per dare un lieve moto alla pallina, lo sarebbe in tutto e per tutto e sempre, annullando ogni volta i benefici che si manifestano a seguito della nostra decisione, ogni volta rinnovata, di cosa essere e cosa fare, nelle varie circostanze.
Piuttosto, dovremmo considerare che, in qualche modo, le carte sono date e la partita si vince o si perde a seconda di come giochiamo.
In quanto Esseri Umani, innatamente in grado di trasformare tutto, abbiamo la capacità di giocare ad alti livelli. Vincendo sempre, volendo.
Ciò che siamo e ciò che percepiamo come nostro ambiente è l'effetto simultaneamente presente nelle cause che abbiamo messo, di come abbiamo giocato le mani precedenti; del karma, per la tradizione orientale, a cui tanto si guarda oggigiorno - purtroppo spesso in maniera impropria. Ma abbiamo appunto sempre la possibilità di scegliere, se subire il karma o trasformarlo.
Sembra mera filosofia ma, come sempre, esempi presi dalla (dura) realtà, ci vengono in aiuto per concretizzare la questione: il sindaco di Amatrice, sotto due metri di neve per la nevicata più intensa degli ultimi 60 anni, ieri, dopo l'ennesima forte scossa di terremoto, stremato come i suoi concittadini (e non solo) si chiede e chiede: "ma che cosa abbiamo fatto di male?".
Domanda lecita e - ahimè - pertinente.
La risposta non la sa dare nessuno ma, appunto, pur nella disperazione, il soggetto è "Noi"; non ci si legge alcun riferimento a "piani inclinati", forze divine regolatrici superiori esterne o al fantomatico Caso, che viene tirato sempre in ballo quando non sappiamo darci una spiegazione, dimenticando che se si inserisce il Caso in un qualsiasi processo (naturale) allora poi dovrebbe valere sempre la legge del caso per quel processo, e non solo quando ci fa comodo. Della serie: la cena che ho consumato stasera è arrivata per caso? I pantaloni che indosso, li indosso per caso? La macchina si accende perché casualmente c'è benzina nel serbatoio? E così via.
Sono consapevole del fatto che queste parole sono difficili da ascoltare (così come da pronunciare) in momenti come questi di dramma e sofferenza ma dobbiamo - si - interrogarci sulla nostra profonda Responsabilità, rispetto a quanto ci accade o che vediamo accadere.
La legge non ammette ignoranza, si dice. Figuriamoci la Legge della Vita. I fatti - purtroppo anche drammatici - ce lo stanno dicendo in tutti i modi che non dobbiamo far altro che Ravvederci e agire di conseguenza.
Abbandonare - subito e definitivamente - idee personali arbitrarie, ingannevoli e false - in ogni singolo pensiero che produciamo - e abbracciare e perseguire, con perseveranza, ciò che è vero, ciò che c'è realmente e concretamente da fare. La menzogna - ma anche la mezza verità - crea solo danni, dolore e sofferenza. La Verità, invece, costruisce e salva.
Il tempo a disposizione, con ogni evidenza, è agli sgoccioli. Ma la partita è sempre in corso, noi siamo di mano e non abbiamo possibilità di passarla. Si vince o si perde.
giovedì 12 gennaio 2017
giovedì 15 dicembre 2016
Istante
Mi commuove
scoprire
che il Mare
si veste
d'azzurro;
vedere
il cammino
di un Albero;
sentir risuonare
le parole
della Roccia;
incontrare
lo sguardo
di una Stella,
oltre
l'orizzonte.
(15.12.2016)
[foto P. Zuccarino]
venerdì 25 novembre 2016
Riflessioni di fine novembre
Allora, vediamo: tra qualche mese compirò 40 anni. Qualche capello bianco è già spuntato, la barba pure si è schiarita. Lavoro, svolgendo cosiddetti lavori autonomi, da quando ne avevo 20 (mai percepito uno stipendio degno di tale nome in vita mia).
Pur lavorando fin da subito dopo la conclusione delle scuole superiori, mi sono laureato in Economia.
Undici anni fa decisi di lasciare il ricco mondo della consulenza finanziaria, per dedicarmi a quello che rappresentava di più il Mio Essere e, quindi, il motivo per cui fossi venuto in questo mondo.
Dall'età quindi di 28 anni, ripartendo totalmente da zero, in un settore economico professionale quasi inesistente, a botte di incrementi di attività e di ricavi annuali per nulla ovvi (anche quest'anno registro un +10% nel fatturato, rispetto allo scorso anno), rientro attualmente, secondo le statistiche ufficiali, nella fascia di ricavi del medio professionista "non ordinistico" italiano, con un fatturato annuo (quindi LORDO) compreso tra € 15000,00 e € 20000,00 e, senza far numeri, garantisco che le due cifre, la mia e quella media, coincidono quasi alla precisione del singolo euro (cifra che è comunque inferiore a quella del medio dipendente pubblico, che non può non essere un parametro cui riferirsi). Nella media quindi: tutt'altro che una situazione limite, la mia.
Fatturo ogni singolo emolumento che percepisco (anche quando gli altri mi guardano come un marziano, per non dire un cretino); non faccio vacanze; giro con una utilitaria 1200 cc di cilindrata, di quasi undici anni, acquistata usata, con attualmente 205000 km; ho un piccolo smartphone "di base", pagato un paio di anni fa € 90,00 (pur essendo tra i pochi, visto il mio lavoro, legittimato ad averlo anche più "performante" per mero uso professionale); ho un computer portatile di quasi dieci anni; non mi concedo quasi per nulla "piaceri" vari e vita sociale; mi vesto ancora con capi di vestiario, quando non regalati, per lo più comprati, in alcuni casi, più di un decennio fa; lavoro quasi sempre anche la sera dopo cena; faccio ovviamente tutto da solo dal punto di vista della creazione e commercializzazione del mio "prodotto"; non riesco a mantenere la mia famiglia e penso che avrei molta molta difficoltà anche se fossi solo, pur avendo scelto di non vivere più in città ed essendoci trasferiti, in affitto, in campagna.
Tutto quello che guadagno lo spendo per vivere, non riuscendo a mettere via nulla e non avendo nulla da parte già accumulato.
Appena finita di pagare la quinta rata del saldo delle imposte per il 2015, è arrivata un paio di giorni fa una botta di più di € 1000,00 di acconti (imposte e INPS, quest'ultimo per più di € 820,00) relativi al 2016, da versare entro il 30/11 p.v..
Dato che sono già abbondantemente in rosso sul c/c, vicino al limite di fido concessomi dalla banca, ho chiesto "aiuto" alla commercialista che, molto chiaramente e onestamente, mi ha illustrato che... il peggio deve ancora venire, con i saldi previsti per luglio e novembre 2017, rispetto ai quali, secondo le proiezioni attuali, dovrò versare un qualcosa come circa € 4000,00, sempre tra imposte e INPS (che non è affatto certo che rivedrò poi in termini pensionistici, e chissà quando), situazione generata anche dall'essere questo il primo anno di passaggio per me dal regime fiscale "dei minimi" all'attuale forfettario. Come ogni "primo anno di impresa", fiscalmente è il più pesante.
Ad ogni modo, registro una pressione fiscale diretta effettiva del 43% abbondante, a cui aggiungere le varie TARI, canone RAI e compagnia bella, che non aggiungo in termini percentuali per non sentirmi male.
Verserò dunque per intero l'acconto di più di € 1000,00 (altrimenti graverebbe poi sul saldo da dover versare nei prossimi mesi), grazie all'intervento dei miei genitori, che, di fatto, mi prestano soldi (ancora una volta), per pagare le tasse.
Le soluzioni dal punto di vista fiscale? Due. Alternative. O chiudere la partita iva e tornare tra gli "occasionali" con però un limite annuo, a volerlo rispettare, di al massimo € 5000,00 di fatturato (meno di un terzo quindi di quello che registro ora) - situazione che ritengo essere una "sconfitta" personale, o comunque almeno una regressione - o mantenere la partita iva ma fatturare il meno possibile (...), che, per come sono fatto io, è una sconfitta peggiore dell'altra.
...non mi troverete impiccato all'albero in giardino perché sarebbe codardia e mancanza di considerazione e di amore per chi mi vuole bene. E non me ne vado da questo Paese, rimango qui a lottare fino all'ultimo, perché sarebbe un mero trasloco e non una trasformazione delle condizioni della nazione che mi ha dato i natali, il cui articolo 4 della Costituzione della Repubblica, per inciso, afferma: "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società."
Tra qualche giorno saremo chiamati a esprimerci su cambiamenti importanti di questa nostra Costituzione.
Prima di pensare di cambiare, è necessario applicare. E verificare.
Pur lavorando fin da subito dopo la conclusione delle scuole superiori, mi sono laureato in Economia.
Undici anni fa decisi di lasciare il ricco mondo della consulenza finanziaria, per dedicarmi a quello che rappresentava di più il Mio Essere e, quindi, il motivo per cui fossi venuto in questo mondo.
Dall'età quindi di 28 anni, ripartendo totalmente da zero, in un settore economico professionale quasi inesistente, a botte di incrementi di attività e di ricavi annuali per nulla ovvi (anche quest'anno registro un +10% nel fatturato, rispetto allo scorso anno), rientro attualmente, secondo le statistiche ufficiali, nella fascia di ricavi del medio professionista "non ordinistico" italiano, con un fatturato annuo (quindi LORDO) compreso tra € 15000,00 e € 20000,00 e, senza far numeri, garantisco che le due cifre, la mia e quella media, coincidono quasi alla precisione del singolo euro (cifra che è comunque inferiore a quella del medio dipendente pubblico, che non può non essere un parametro cui riferirsi). Nella media quindi: tutt'altro che una situazione limite, la mia.
Fatturo ogni singolo emolumento che percepisco (anche quando gli altri mi guardano come un marziano, per non dire un cretino); non faccio vacanze; giro con una utilitaria 1200 cc di cilindrata, di quasi undici anni, acquistata usata, con attualmente 205000 km; ho un piccolo smartphone "di base", pagato un paio di anni fa € 90,00 (pur essendo tra i pochi, visto il mio lavoro, legittimato ad averlo anche più "performante" per mero uso professionale); ho un computer portatile di quasi dieci anni; non mi concedo quasi per nulla "piaceri" vari e vita sociale; mi vesto ancora con capi di vestiario, quando non regalati, per lo più comprati, in alcuni casi, più di un decennio fa; lavoro quasi sempre anche la sera dopo cena; faccio ovviamente tutto da solo dal punto di vista della creazione e commercializzazione del mio "prodotto"; non riesco a mantenere la mia famiglia e penso che avrei molta molta difficoltà anche se fossi solo, pur avendo scelto di non vivere più in città ed essendoci trasferiti, in affitto, in campagna.
Tutto quello che guadagno lo spendo per vivere, non riuscendo a mettere via nulla e non avendo nulla da parte già accumulato.
Appena finita di pagare la quinta rata del saldo delle imposte per il 2015, è arrivata un paio di giorni fa una botta di più di € 1000,00 di acconti (imposte e INPS, quest'ultimo per più di € 820,00) relativi al 2016, da versare entro il 30/11 p.v..
Dato che sono già abbondantemente in rosso sul c/c, vicino al limite di fido concessomi dalla banca, ho chiesto "aiuto" alla commercialista che, molto chiaramente e onestamente, mi ha illustrato che... il peggio deve ancora venire, con i saldi previsti per luglio e novembre 2017, rispetto ai quali, secondo le proiezioni attuali, dovrò versare un qualcosa come circa € 4000,00, sempre tra imposte e INPS (che non è affatto certo che rivedrò poi in termini pensionistici, e chissà quando), situazione generata anche dall'essere questo il primo anno di passaggio per me dal regime fiscale "dei minimi" all'attuale forfettario. Come ogni "primo anno di impresa", fiscalmente è il più pesante.
Ad ogni modo, registro una pressione fiscale diretta effettiva del 43% abbondante, a cui aggiungere le varie TARI, canone RAI e compagnia bella, che non aggiungo in termini percentuali per non sentirmi male.
Verserò dunque per intero l'acconto di più di € 1000,00 (altrimenti graverebbe poi sul saldo da dover versare nei prossimi mesi), grazie all'intervento dei miei genitori, che, di fatto, mi prestano soldi (ancora una volta), per pagare le tasse.
Le soluzioni dal punto di vista fiscale? Due. Alternative. O chiudere la partita iva e tornare tra gli "occasionali" con però un limite annuo, a volerlo rispettare, di al massimo € 5000,00 di fatturato (meno di un terzo quindi di quello che registro ora) - situazione che ritengo essere una "sconfitta" personale, o comunque almeno una regressione - o mantenere la partita iva ma fatturare il meno possibile (...), che, per come sono fatto io, è una sconfitta peggiore dell'altra.
...non mi troverete impiccato all'albero in giardino perché sarebbe codardia e mancanza di considerazione e di amore per chi mi vuole bene. E non me ne vado da questo Paese, rimango qui a lottare fino all'ultimo, perché sarebbe un mero trasloco e non una trasformazione delle condizioni della nazione che mi ha dato i natali, il cui articolo 4 della Costituzione della Repubblica, per inciso, afferma: "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società."
Tra qualche giorno saremo chiamati a esprimerci su cambiamenti importanti di questa nostra Costituzione.
Prima di pensare di cambiare, è necessario applicare. E verificare.
sabato 22 ottobre 2016
L'autunno
Mi piacciono le giornate d'autunno.
Quelle che esci la mattina col maglione, nell'aria frizzante che solletica le ossa, e a mezzogiorno riesci a sopportare non più di una t-shirt.
Quelle che, mentre guidi verso sud, ti giri a destra verso un tramonto spettacolare che riempie il cielo vuoto e ti accarezza, poi ti giri a sinistra e una enorme massa plumbea di nuvoloni che minacciano tempesta ti schiaffeggia.
Si, mi piacciono.
Quelle che alla luce di metà pomeriggio riempiono l'orto e i campi vicini di una bellezza che commuove. E riportano suoni e odori dei tempi della nonna.
Quelle che ti sbattono in faccia la realtà, all'improvviso, quando meno te lo aspetti. O, meglio, non ancora.
Che ti ricordano che l'estate è finita e s'approssima l'inverno. Non solo quello meteorologico.
Sono quelli giorni con cui devi quindi farci i conti, nel giungere il tempo del fare i conti con te stesso, ancora una volta.
Mi piacciono le giornate d'autunno.
Quelle piene di sé, di contrasti, di diversità ma, a guardar bene, non vedi altro che costanza. Si, del cambiamento.
Giornate autentiche, di verità e di lotte. La Natura si prepara al riposo ma, per farlo, esplode di colori. Battaglie fuori e battaglie dentro, in cui la Luce, anche stavolta, sembra voler definitivamente cedere all'Oscurità. Eppure, lo sai, anche stavolta, non accadrà.
Mi piacciono.
E' il momento di riaccendere la stufa, di guardare il fuoco, di rinnovare il suo rito, un rito che ha fatto uomo l'Uomo, e anche te, ed è quello il momento in cui apprezzi il sudore di due mesi prima, perso mentre eri lì a spaccarti la schiena a mettere quintali e quintali di legna a posto mentre gli altri erano a fare il bagno al mare, a godersi le proprie vacanze. E il loro fuoco non l'avranno.
Mi piacciono le giornate d'autunno.
Con quell'odore di rugiada e funghi nell'aria, e di castagne arrosto che esce dai camini, che non si dimentica.
Giornate in cui smetti di inseguire i sogni. Ma solo per un po'. Giusto (il) tempo di un riposo.
martedì 27 settembre 2016
Galassia interiore
Che bello osservare il cielo stellato!
...Chi lo osserva più, al giorno d'oggi, il cielo di notte? Pochi, pochissimi, quasi nessuno. Peccato.
Tutti intabarrati in casa davanti a quegli schermi o troppo illuminati tra le vie del cuore delle città, ci perdiamo uno degli spettacoli più imponenti e intensi della natura, della nostra vita, che si ripete ogni giorno.
Qualcuno lo fa in occasione della famosa Notte di San Lorenzo e delle sue stelle cadenti - di cui non vi racconto la leggenda di stampo cattolico, altrimenti non ci andate più nemmeno in quell'occasione - sperando che una di quelle, essa da sola, realizzi uno dei suoi desideri. E purtroppo molti di coloro non sanno che un altro sciame di polveri celesti, altrettanto massiccio tanto quello di agosto, incrocia la Terra e la sua atmosfera agli inizi di dicembre, dando vita a uno spettacolo appunto altrettanto entusiasmante.
Per me invece, il fermarsi almeno qualche minuto a osservare le stelle, è un appuntamento che si ripete - che voglio si ripeta - almeno da venti anni a questa parte e, ancor di più nell'ultima decade.
Non c'è nulla che mi distende e mi rasserena come l'osservare il cielo stellato.
Guardare la grandiosità di quegli innumerevoli puntini luminosi, individuarne le figure che compongono, rimanere a fissarne uno, catturato dal suo luccichio, come fossi un bambino nella culla coi suoi giochini appesi sopra il cuscino.
In queste sere, poi, è davvero stupendo. Esco a metter fuori il bidone per la raccolta differenziata per l'indomani e non rientrerei più. Esco con la testa piena di pensieri, che prendono il volo qualche secondo dopo per andare a perdersi tra le polveri interstellari e non tornare qui giù.
Quattro sono i nemici dell'astrofilo ovvero, più prosaicamente, dell'osservatore di stelle: la luce, le nuvole, il freddo e le zanzare. Ebbene, chi è fuggito dalla città e non abita nel suo hinterland, il primo problema dovrebbe non dico averlo risolto ma quanto meno averlo notevolmente ridotto. Giornate di alta pressione di fine settembre come queste poi pensano loro invece a risolvere gli altri tre: cielo terso, temperatura gradevolissima, zanzare inesistenti. La perfezione.
Ed eccomi lì, davanti all'infinito a ritrovarmi nel mio infinito: dalle galassie del cielo profondo alla galassia interiore.
Tramonta il Triangolo Estivo, di Deneb, Vega e Altair e sorgono le costellazioni autunnali. La Stella Polare presidia il tutto, accompagnata dal Carro e da Cassiopea. perno del grande Mulino di ancestrale memoria, retaggio dei tempi in cui un'occhiata in più al cielo la si dava.
Il cielo stellato è di tutti e per tutti.
Ci lega gli uni agli altri più di quanto pensiamo. E' l'unico elemento naturale che ci accompagna inalterato per tutta la nostra vita, dal momento in cui apriamo gli occhi a quello in cui li chiudiamo (abbiamo imparato, purtroppo anche sulla pelle di qualcuno, che pure le caparbie montagne si sgretolano o si spostano) ed è elemento che condividiamo con chi ci ha preceduto, per diverse generazioni, e con chi ci seguirà, per altrettante. Nonché con chi abita, più o meno, alle nostre latitudini, anche se fosse letteralmente dall'altra parte del mondo.
Personalmente la trovo una cosa grandiosa, che non manco mai di sottolineare nelle escursioni o negli incontri didattici in cui si parla del cielo.
E così, tra un fruscio nell'erba (sarà il riccio o il rospo?), il frinire delicato e armonico dei grilli nei campi accompagnato dall'ululato dell'allocco dal bosco, e la civetta che mi sorprende e mi avverte di essere a caccia proprio sui rami dell'albero qui vicino, mi ritrovo, occhi al cielo, sotto la Via Lattea, la nostra galassia, a danzare leggero col pensiero tra quelle migliaia di puntini luminosi che in un attimo diventano i legami, passati presenti e futuri, che, definitivamente, si ricongiungono, disegni dell'Universo, brillanti e indelebili costellazioni nella mia galassia interiore.
venerdì 16 settembre 2016
Arricchimento
Uccelli a forma di strega.
Che cosa c'è di più efficace di definizioni di tale tipo per descrivere in pochissimi termini e, soprattutto, correlarci a una immagine significativa per noi che una come questa descrizione qui sopra?
Eppure, è la semplice traduzione della parole strigiforme (striges=streghe; formes=forma). E Strigiformi è, tassonomicamente parlando, l'Ordine a cui appartengono i rapaci notturni, quali gufi, civette, allocchi, assioli e barbagianni.
Pensavo di scrivere un post abbastanza tecnico su una di queste meravigliose specie, snocciolando dati e illustrando caratteristiche scientifiche di quella del Gufo Reale, la più rappresentativa, che abbiamo avuto occasione di vedere un mesetto fa, nel corso della Settimana Verde, quando abbiamo visitato il Parco Faunistico di Spormaggiore, nel Parco Naturale Adamello Brenta.
Tuttavia, dopo una giornata dedicata all'Interpretazione Ambientale, il cui scopo non è appunto snocciolare nozioni bensì far vivere un'esperienza indimenticabile a chi visita (anche) uno dei gioielli naturalistici del nostro Patrimonio Naturale e Culturale, preferisco non dire molto altro e lasciarvi assaporare fino in fondo il messaggio intrinseco di questa frase di cinque parole.
Uccelli a forma di strega.
Animali misteriosi e affascinanti, la cui presenza - notturna - in volo spesso è percepita per un brevissimo istante sopra le nostre teste, magari illuminata per un attimo dai fari della macchina che stiamo guidando, una presenza che ci rimanda col pensiero proprio a quella di silenziosi fantasmi della notte, ispiratori di favole e dicerie, il più delle volte infondate dal punto di vista scientifico, ma che racchiudono le emozioni degli uomini che ci hanno preceduto. E che, se siamo onesti, sono uguali alle nostre di oggi.
E allora, gli occhi arancioni che caratterizzano il Gufo e che si differenziano, ad esempio, da quelli gialli della Civetta o da quelli bruni dell'Allocco e del Barbagianni, occhi che riescono a vedere nel buio anche 100 volte in più di quanto sia in grado di fare l'uomo. Oppure il disco facciale, in grado di catturare i minimi fruscii del sottobosco notturno, insieme alle piume modificate sul viso - vibrisse come quelle dei gatti - come una sensibilissima parabola satellitare, di quelle che usiamo per la tv.
O le zampe con l'artiglio "opponibile", che gli consentono di maneggiare le prede come se avessero le mani. O ancora, come dimenticare, il collo in grado di roteare fino a 270°, per consentire la massima capacità di percezione e analisi dell'ambiente, pur rimanendo perfettamente fermi sul proprio posto, per non farsi scoprire. Oppure, la straordinaria evoluzione che hanno avuto le penne delle ali che, con apposite frange di piccoli peli, consentono a questi uccelli di volare battendo le ali (nel caso del Gufo Reale, lunghe, singolarmente, un metro e più!) senza generare il benché minimo rumore.
Ecco, tutto questo, rimane solo un insieme di dettagli, un insieme di magnifici dettagli della perfezione della Natura, che siamo stati in grado di riassumere in una frase essenziale ma precisa, in un concetto chiaro e correlato alla nostra esperienza, al nostro intimo, che ci rimanda a un'immagine affascinante e, indirettamente, ci invoglia a rispettarla e a salvaguardarla.
Senza i saggi Gufi saremmo tutti un po' più poveri.
Ma anche senza la Saggezza nostra e la volontà di manifestarla.
mercoledì 7 settembre 2016
Verso l'Estinzione
Qual'è il senso del porre una domanda provocatoria?
Qual'è il senso del porla, tra individui adulti e pienamente in grado di intendere e volere?
Qual'è il senso del farlo, se uno conosce anche la realtà dei fatti e situazioni, il momento storico in cui viviamo, e con la propria domanda volutamente li ignora?
Dal Devoto-Oli, provocare: "1. Eccitare o irritare spingendo a una reazione violenta 2. Causare, determinare". Dal dizionario dei sinonimi e contrari, sinonimi: "irritare, punzecchiare, pungolare, sfidare, stuzzicare, offendere".
Che cosa si aggiunge a una qualsiasi relazione con una domanda provocatoria? Qual'è il suo valore aggiunto?
Irritare il nostro interlocutore spingendolo a una reazione violenta (che può essere anche la fuga dall'interloquire) non è un modo di essere disposti al dialogo. Si vuole appunto indispettire l'interlocutore stesso e, dunque, non avere (più) alcun rapporto con esso. Questa o è stupidità oppure, ed è peggio, è guerriglia: perché se non avevamo da prima intenzione di interloquire serenamente con esso, perché ci siamo avviati a farlo? Solo per indisporlo? Beh, se fosse, allora sarebbe pura malevolenza, cioè volere che l'altro/a stia male. Insomma, non proprio il più nobile dei sentimenti.
Se abbiamo da segnalare qualcosa a qualcuno, non è più opportuno essere chiari e diretti? Non è il modo migliore per fargli (o farle) capire le cose, e quindi fargli del bene?
Ieri sera abbiamo visto Racing Extinction, un film-documentario di recente fattura che ci dimostra, ancora una volta, che il pianeta è messo davvero maluccio. Non tanto per le molte specie che rischiano l'estinzione (il 50% nei prossimi 100 anni, andando avanti così), dato che nei 4 miliardi e mezzo di vita di questa enorme (quasi) sfera di roccia e acqua sono avvenute già 5 estinzioni di massa. Piuttosto perché la sesta sarà - è già - per mano dell'Uomo, la specie al momento dominante. Un Uomo che, a quanto pare, non meriterebbe più la U maiuscola, per quello che fa col suo agire, volontario e (apparentemente) involontario.
Molti si battono, nel proprio piccolo, "per un mondo migliore" ma poi non si dedicano a trovare "un modo migliore" di dire cose al proprio prossimo. Lavorano per la protezione dell'ambiente; si preoccupano della preghierina a tavola all'ora di cena; fanno volontariato; oppure versano denaro alle organizzazioni umanitarie ma poi ammazzano, letteralmente, il proprio vicino con una semplice, si fa per dire, domanda.
Si può fare di meglio. Partendo da noi. Sicuro. E salveremo anche qualche esemplare, della nostra o di un'altra specie.
...qual'è il senso di questo mio post? Beh... ne ho viste parecchie, diciamo. E se fossi stato provocatorio come diverse persone lo sono state con me in varie occasioni, uno dei due era finito/a in ospedale e l'altro/a in gattabuia, come si diceva una volta.
La violenza è l'ultimo rifugio dell'incompetente, diceva Isaac Asimov. Quello in cui viviamo è un mondo violento, sottilmente violento, a partire da quello che avviene dentro le mura di casa nostra (dove, appunto, non per forza deve essersi manifestato un uxoricidio) o nei rapporti con le persone a noi più vicine. Siamo quindi una manica di incompetenti. Incompetenti della Vita; della simultaneità di cause ed effetti di cui questa è permeata. E non c'è da stupirsi, quindi, se poi riduciamo questa piccola grande navicella su cui viaggiamo nello spazio a un colabrodo, spazzando via gli esseri che la abitano. Se a uno intendo aggiungere uno, il risultato che mi attende é sempre due. E' matematica.
Amare significa, in fin dei conti, sapersi - e saper - chiedere in che sorta di difficoltà si trova il nostro prossimo (fosse anche il nostro gatto o, ancor più profondamente, il ragno che fa la ragnatela sul soffitto della nostra stanza) e agire di conseguenza. E' molto semplice. C'è solo da farlo. Eppure, lo abbiamo trasformato in qualcosa di così complicato e farraginoso, infarcito da una comunicazione che è appunto intrisa di violenza alla radice: l'ombra di noi stessi.
Al giro di boa di questa Veleggiata posso affermare senza alcun dubbio, avendolo – ahimé - verificato numerose volte sulla mia pelle, che la grandissima parte delle persone, quando ti dice qualcosa in modalità giudicante, sta parlando di se.
Chi ti dice che non sei lucido, sta facendo cose fuori dalla grazie del cielo. Chi ti dice che sei distaccato, è il primo a tenersi lontano. Chi ti dice che sei pazzo, mette in atto la follia, quella vera. Chi ti dice che non ami, non si occupa di quello che dice di amare. Chi ti dice "e fattela 'na risata!" è stato fino a un momento prima col musone. E così via.
Si chiamano proiezioni. Mi verrebbe da consigliare a costoro (almeno) un corso di cartografia, o qualche seria ripetizione della materia.
Negli anni, dopo essermi dedicato intensamente alla loro costruzione, ho mollato le scotte davanti alla verità che si manifestava, e per questo motivo, molti rapporti, al grattare un po' oltre la superficie, si sono come dissolti, da un momento all'altro. Come nuvole al sole in un giorno di bonaccia. In tutte le forme: amicizie, amori, legami di parentela, rapporti professionali. Dopo aver parlato, spiegato, illustrato, motivato, discusso, urlato, sbattuto i pugni sul tavolo, dibattuto, ho scelto il silenzio.
Se urli – diceva Gandhi – ti sentono tutti; se bisbigli ti sente solo chi ti è vicino; se stai in silenzio, ti sente solo chi ti ama. ...beh, caro Mahatma, lo sai bene, la differenza è proprio tra il sentire e il saper ascoltare. Ad ogni modo, a un certo punto, il silenzio è opportuno. Per vedere chi è della partita.
Io voglio esserlo e lo sono. Sono da sempre un agonista. E, ormai, anche se fossi il solo ad Amare (me stesso per primo della lista) direi che, per cominciare a virare, senza dubbio, può bastare.
venerdì 19 agosto 2016
...Il bosco?!?
Ieri sera, nel centro storico del paese in cui vivo, si è tenuta una manifestazione denominata "LibriAmo - Sulle Ali della Fantasia. La Notte Magica dei Bambini". In sostanza, l'iniziativa prevedeva che nelle varie piazzette del borgo ci fossero delle postazioni di lettura ai bambini delle diverse fasce d'età.
Qualche giorno prima, attraverso una mia conoscenza in comune con quelli dell'organizzazione, sulla base della mia esperienza, sono stato "ingaggiato" per essere io uno dei lettori ai bambini, in una di quelle postazioni. Ho accettato subito e senza dubbi: in sostanza, faccio questo per mestiere; si trattava di contribuire in qualche modo alla vita della mia comunità (benché io sia un compaesano adottivo) e in particolare rivolgendosi ai bambini. Per di più, in genere, non partecipo quasi mai a eventi mondani o sociali.
Avevo libertà di scelta rispetto a quanto avrei letto e ho puntato, senza titubanze di sorta, sulle Storie del Bosco Antico, il libro di racconti di Mauro Corona, che, pur personalizzandoli io un pochino mentre li leggo, da anni accompagna le mie escursioni e le mie attività, con grandi e piccini. Avrei avuto il compito di leggere al gruppo dei bambini di età 9-11 anni, quindi il testo si addiceva proprio.
Un pifferaio ha portato il gruppetto, di una quindicina di bambini, nella piazzetta in cui era stata predisposta - deliziosamente - la nostra postazione di lettura: denominata "il Bosco dei boschi".
Ho accolto il gruppo, mi sono presentato e ho cominciato a leggere, fino a quando, dopo una mezz'ora che leggevo tra gli sguardi incollati a me dei bambini e degli adulti che li accompagnavano (qualche altro nel frattempo ci aveva raggiunto), uno dei membri dell'organizzazione (il vicesindaco) mi ha chiesto cortesemente di concludere, perché tutti avremmo dovuto raggiungere la piazza principale, in cui era stato predisposto un palco, su cui si sarebbe tenuta la parte festosa finale della manifestazione.
Le storie, non avevo dubbi, sono piaciute e io ho avuto anche il modo, tra una e l'altra, di legare ad esse, come sempre faccio, piccole pillole di concetti scientifici legate alla biologia degli animali protagonisti della singola storia letta.
Ci spostiamo e arriviamo in breve in piazza. Ci sono almeno un paio di centinaia di persone, famiglie con bambini ovviamente, che vengono un po' da tutto il circondario. Lo so perché incontro alcune mie conoscenze che vivono nei Comuni limitrofi e perché questa è una iniziativa che, da alcuni anni, nel mese di Agosto, in date diverse, si svolge in altri tre Comuni nella zona, come una sorta di viaggio culturale condiviso tra le varie comunità, che appunto di volta in volta si spostano da un paese all'altro per assistere all'evento di quella sera specifica.
Ringraziamenti da parte dell'Amministrazione e da parte degli organizzatori e inizia lo spettacolo. Mi fermo a vedere un po', per concludere la mia esperienza di partecipazione e costruzione dell'evento stesso.
Lo spettacolo consiste in due storie animate e raccontate direttamente sul palco dagli attori della piccola compagnia teatrale locale.
La prima: "innocua", mettiamola così.
La seconda è una filastrocca cantata e musicata, che racconta la storia di una famiglia di contadini che esce per andare a cacciare l'orso (?!), lo incontra quindi nel bosco, si spaventa, e torna correndo a nascondersi in casa, sotto le coperte. La strofa principale di questa storia, per la quale è stato richiesto al pubblico (ripeto: famiglie con bambini, anche piccoli) di fare il coro era: "...andiamo a cacciare l'orso/ l'orso grosso e cattivo..." (?!?!).
Ho alzato i tacchi, come si dice, e me ne sono andato, senza nemmeno aspettare la conclusione.
Magari mi hanno anche chiamato sul palco, alla fine, per ringraziarmi della collaborazione e non mi hanno trovato lì.
Quello che viene trasmesso ai bambini, a scuola, dalle famiglie, dalla comunità, attraverso questi eventi e queste storie (spesso pubblicate in libri bellissimi e coloratissimi) apparentemente innocue e divertenti, non è più adatto a questa epoca.
Codici culturali ormai più che datati, intrisi da sempre di ignoranza e superficialità, vengono inoculati in queste giovani e fresche vite, accompagnati da uno stecco di zucchero filato, per rendere dolce la terribile somministrazione.
Genitori, insegnanti, nonni, fratelli, avrebbero dovuto alzarsi in massa da quelle sedie e portare via i propri piccoli cari, non accogliendo così quello che veniva proposto. Invece no: tutti lì.
Mi dispiace, ma invece io non ci sto a questo, e mai potrò starci.
PS: fortunatamente, proprio ieri pomeriggio il WWF ha comunicato che, in Europa, grazie all'attività di protezione (ed educazione, aggiungo io), la popolazione di orsi è in ripresa e, inoltre, ho appreso di una pubblicazione molto ben fatta, che consiglio di leggere a tutti, da parte del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise sulle proprie attività nei confronti della protezione della specie proprio simbolo.
Iscriviti a:
Post (Atom)